CANNES 60 – "California Dreamin' (Nesfarsit)" di Cristian Nemescu (Un certain regard)

La metafora sociopolitica è chiara come è chiara una certa nostalgia verso un'autenticità popolaresca discutibile (come è discutibile Doiaru) ma pur sempre sanguigna e familiare. Il che francamente fa nutrire più di un sospetto sull'apprezzabilità di un prodotto come questo, in cui è facile subodorare una certa furbizia programmatica

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Regista giovane e già al vertice della nuova ondata rumena cui il Festival di Cannes nelle ultime edizioni ha prestato particolare attenzione, Cristian Nemescu è morto nell'agosto scorso prima di ultimare il montaggio del suo esordio nel lungometraggio, California Dreamin' (Nesfarsit). Le oltre due ore e mezza di materiale, che compongono un nucleo più che coerente e compatto (anche se qualche sforbiciata resta necessaria) sono state accolte nella sezione "Un Certain Regard" di Cannes 2007 e hanno addirittura vinto la sezione.

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Come molto cinema rumeno di oggi (per esempio Cum mi-am petrecut sfarsitul lumii di Mitilescu), lo sguardo è rivolto al passato recente della nazione, per fare il punto su una Storia per forza di cose ancora da scrivere. In questo caso, si racconta di un treno di soldati americani di passaggio per il Kossovo (nel 1999) che viene bloccato in un villaggio di provincia da Doiaru, laido ma simpatico capostazione e traffichino locale, che si aggrappa a piccoli vizi di forma e cavilli burocratici per approfittare spregiudicatamente della situazione. Fino alla fine non succede quasi niente, se non un approfondimento dei personaggi (tra cui la bellissima figlia di Doiaru) e dell'ambientazione. E poi, come qualunque manuale di sceneggiatura direbbe di fare in tali casi di reiterata sospensione narrativa, un bel massacro finale catartico in cui il generale americano coalizzato col sindaco aizza il popolo contro Doiaru (uccidendolo).


La metafora sociopolitica è chiara come è chiara una certa nostalgia verso un'autenticità popolaresca discutibile (come è discutibile Doiaru) ma pur sempre sanguigna e familiare. Il che francamente fa nutrire più di un sospetto sull'apprezzabilità di un prodotto come questo, in cui è facile subodorare una certa furbizia programmatica. Lo stile, per esempio, che rincorre energicamente la fragranza dell'istante presente muovendo di continuo la macchina da presa per incollare insieme gli elementi sparsi dell'azione, è sì accattivante, ma anche ruffianamente ultranarrativo, per cui California Dreamin' (Nesfarsit) ci sembra sostianzalmente un lavoro da accogliere con le dovute cautele.

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