CANNES 60 – Note stonate…

La nota stonata di questa edizione del Festival di Cannes, per noi tristi sciovinisti, e' probabilmente l'assenza dell'Italia dal concorso principale? O e' la presenza prepotente di Asia Argento, teneramente ingombrante, che trapassa gli stessi se(t), che calpesta il diritto dello spettatore alla differenza dello sguardo?

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La nota stonata di questa edizione del Festival di Cannes, per noi tristi sciovinisti,  e' probabilmente l'assenza dell'Italia dal concorso principale e comunque una scarsa partecipazione anche alle sezioni collaterali. La nota stonata sarebbe allora la terribile consapevolezza che il nostro cinema sia legato soprattutto ad alcuni nomi apolidi della pellicola (Bellocchio, Bertolucci, Crialese, Benigni) o forse agli slanci estemporanei di alcuni autori che difficilmente potranno pero' essere presi su serio come degni rappresentanti del paese (Placido, Rubini), perche' battenti tortuosi sentieri. Ma le note stonate sono "coperte" dal controcanto del presidente di Film Italia, Irene Bignardi, soddisfatta per aver ottenuto piu' soldi dell'anno scorso (il budget della sua organizzazione e' passato da 1,4 milioni di euro a 2,4 milioni di euro) e soprattutto felice di ricordare che il pubblico italiano, negli ultimi mesi, e' cresciuto in sala, soprattutto alla ricerca di titoli nostrani. La tormenta sembra placarsi, Nanni Moretti ha trovato anche la sua collocazione che gli permettera' di riposarsi dopo aver girato in tondo, nervoso, caustico, ossessionato dai diari personali dove appuntare sentenziosi pensieri ad alta voce. Il cinema italiano non e' dunque malato, e' soltanto riposato in fondo al mare, pronto a riemergere in un unico partito democratico, in cui finalmente padri e figli, registi e attori, si ritroveranno in un abbraccio soffocante. A proposito di attori, quelle stesse note stonate di cui sopra, sarebbero esagerazioni criticone, terribili confidenze meschine. Gli attori italiani a Cannes, ma ormai gia' da qualche tempo, vivono un periodo di liberta' e di esterofilia acuta, un momento in cui sembrano divincolati dalle morse territoriali, provinciali, paterno/patriarcali. Li ritrovi a lavorare con grandi registi, li vedi felicemente riconosciuti sul boulevard. Non sara' che questa nuova generazione di attori ha soverchiato quella degli autori, non sara' forse che si sia creata una frattura tra chi dirige e comanda e chi esegue e interpreta? E' la politica del cinema, o la politica al cinema, o ancora, la politica come il cinema: rappresentare significa semplicemente presenziare, dirigere vuol dire lavorare sempre meno e quindi peggio. Allora ti accorgi che anche quando i padri non sarebbero piu' lo specchio dove ritrovarsi e ricomporsi, il richiamo del sangue e' sempre forte e dominante. Asia Argento ha spopolato a Cannes, e' presente in tre film a leccare ferite sanguinanti, a baciare tra il pubblico il suo ultimo partner al cinema (Fu'ad Aït Aattou, in Une Vieille Maitresse, di Catherine Breillat) e il cane di Ferrara in Go Go Tales.  Ma forse e' stata sempre fuori dagli stessi tre film, forse e' ancora piu' visibili quando e' fuori dal set, fuori da sé. E' probabilmente l'unica e vera nostra nota stonata del festival, come corpo temibilmente e teneramente ingombrante, che trapassa gli stessi se(t) con prepotenza e irriverenza, globalizzando la recitazione, calpestando il diritto dello spettatore alla differenza dello sguardo. E' imbarazzante per noi italiani sentire le risate in un film in costume, quando Asia ossessivamente succhia sangue (per il ritorno del padre). Per oltrepassare i confini l'italiano deve essere un fenomeno… e gli autori/padri restino a casa, per non essere umiliati.

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