CANNES 60 – "Rebellion: The Litvinenko Case", di Andrei Nekrasov, Olga Konskaya (Fuori concorso)

Più che un documentario, una testimonianza, anzi un 'regalo necessario' consegnato da Litvinenko ai registi dove viene ripercorsa la storia privata e della Russia degli ultimi anni, con una forza e un'indignazione che non lasciano indifferenti. Quasi un testamento. Da far girare e diffondere. Soprattutto fuori dalla Russia.

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Annunciato da giorni, è stato proiettato oggi a Cannes Rebellion: The Litvinenko Case, vero e proprio atto d'accusa contro il governo Putin e la corruzione dilagante del sistema politico in Russia. La figura di Alexander Litvinenko, l'ex-spia russa avvelenata dal Polonio 210 a Londra e in seguito morta il 23 novembre scorso senza aver ancora compiuto  44 anni, entra direttamente sullo schermo. Parla con il cineasta Andrei Nekrasov come in una specie di "diario confidenziale", si abbraccia con lui, si sofferma sul fatto che molti membri del SFB (ex-KGB) gli hanno rimproverato di aver messo alla luce certe fonti illegali di guadagno e che molti cittadini e amici, anche istruiti e progressisti, credono che i servizi segreti si trovano nella condizione di dover uccidere.

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Rebellion: The Litvinenko Case può certamente considerarsi come un documentario politico sugli ultimi anni della storia russa attraverso il passaggio da Eltsin a Putin, avvenuto alla fine del 1999 poco dopo lo scoppio della seconda guerra in Cecenia ad agosto dello stesso anno e rappresenta prima di tutto un importante resoconto politico simile, per la diretta presa di posizione e per l'indignazione che traspare, a Diario del saccheggio dell'argentino Fernando Solanas. Tangenzialmente alla figura di Litvinenko, l'opera attraversa anche alter figure di giornalisti messi a tacere dove emerge, ovviamente, quella di Anna Politkovskaja, corrispondente della "Novaya Gazeta". Ma in queste interviste dirette da parte di Nekrasov, oltre ovviamente a quelle all'ex-spia russa e alla reporter uccisa nell'ascensore del palazzo dove abitava, emergono anche il racconto di altre figure, tra cui anche la moglie di Litvinenko. Il documentario ha quindi una forma abbastanza classica, e intervalla le testimonianze dirette a immagini di repertorio o filmati di manifestazioni come quelle dei manifestanti di destra o contro il governo Putin. Mai come stavolta la forma è elemento trascurabile rispetto al contenuto. E le parole di Litvinenko sono forti, dirette in linea con un'opera che è un pugno nello stomaco.


Più che un documentario però Rebellion: The Litvinenko Case appare una testimonianza, anzi un 'regalo necessario' consegnato da Litvinenko a Nekrasov. E il regista  mostra quasi un pudore nel mostrarlo su quel letto d'ospedale. La macchina da presa è spesso a metà, inquadrando Nekrasov da solo o con la moglie. Solo verso la fine si sposta sul suo volto, in maniera quasi fuggevole. Resta però il fermo-immagine del finale: lui assieme alla moglie e al figlio di 6 anni a Londra in un giorno di pioggia. Quasi un testamento. Da far girare e diffondere. Soprattutto fuori dalla Russia.

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