CANNES 60 – "Stellecht Licht", di Carlos Reygadas (Concorso)
Per chi non ha amato "Battaglia nel cielo", questo terzo film del regista messicano potrebbe far pensare a un positivo ripensamento. Però poi si alimenta il dubbio che si tratta di un'esercitazione sul cinema scandinavo muto e sull'opera di Dreyer in particolare, cosa che dimostra ancora la mancanza del senso della misura nella sua opera
Le tenebre e la luce. Stellecht Licht (letteralmente "luce silenziosa") rappresenta una svolta nell'opera del cineasta messicano Carlos Reygadas. Dalla forte presenza della componente visionaria di Japón e soprattutto dall'acceso e invasivo barocchismo di Battaglia nel cielo, con Stellecht Lich Reygadas sembra essersi confrontato con un cinema caratterizzato dallo stile opposto: macchina da presa fissa, inquadrature lunghe, distanza quasi contemplativa che attende quasi i conflitti tra i protagonisti. Il film si svolge all'interno di una famiglia della comunità religiosa mennonita del Nord del Messico. Il capofamiglia Johan rompe l'equilibrio familiare e mette in crisi il rapporto con la moglie in quanto si innamora di un'altra donna.
C'è un tempo volutamente dilatato dentro Stellecht Licht ed è già evidente nell'inquadratura iniziale in cui si vede la notte stellata che poi diventa alba. Questo 'risveglio' viene ulteriormente sottolineato dalla presenza sonora delle mucche e poi dalla famiglia di Johan che prega prima di fare colazione. Questa svolta nel cinema del regista messicano potrebbe essere dettata anche da altri motivi: per la prima volta non collabora più con l'abituale direttore della fotografia Diego Martínez Vignatti (con cui aveva lavorato, oltre che nei due precedenti lungometraggi, anche con il corto Maxhumain del 1999), ma con Alexis Zabe. Questo nuovo sodalizio ha permesso per la prima volta a Reygadas di confrontarsi con la luce naturale. Ovviamente sono ancora presenti delle tracce del suo cinema passato, come nel momento in cui il cineasta utilizza la macchina a mano per seguire la corsa disperata di Johan, uscito dalla macchina per soccorrere la moglie.
Certamente Stellecht Licht lascia spiazzati e non indifferenti. Per chi non ha amato Battaglia nel cielo, questo suo terzo film potrebbe far pensare a un positivo ripensamento. Però poi si alimenta sempre di più il dubbio che questa pellicola non sia che l'altra faccia della medaglia dell'opera precedente. In questo discorso non si considera Japón, ad oggi il suo film migliore. È come se Reygadas abbia fatto propria la lezione del cinema scandinavo muto e si sia esercitato in particolare con l'opera di Dreyer. Certo, non mancano dei momenti riusciti – cosa che mette in luci le doti del regista – che emergono, per esempio, nella scena della morte della moglie, con il temporale e la presenza dei camion che sono quasi dei segni 'fatalisti'. Ma anche in questo film, pur se con ragioni opposte a Battaglia nel cielo, Reygadas conferma di non avere il senso della misura. E quel miracolo finale sta lì a dimostrarlo.