CANNES 61 – "Dirigere un film è ben più difficile che scriverlo…", Incontro con Charlie Kaufman

Dopo aver sceneggiato film come Essere John Malkovich, Confessioni di una mente pericolosa e Se mi lasci ti cancello, Charlie Kaufman passa a dirigere il suo primo film, Synecdoche, New York, presentato in Concorso a Cannes 2008.

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Innanzitutto vuoi spiegarci perché hai scelto questo titolo?
Lo ammetto: mi piacciono i titoli difficili. Synecdoche, New York non è certo un titolo facile però è evocativo e ti entra nella testa. Non credo che il titolo di un film possa influenzare il successo o meno dello stesso…Pensate a Eternal Sunshine of the Spotless Mind: è un titolo difficile e complicato, eppure ha avuto un grande successo.

Alcuni giornalisti hanno parlato di un Otto e mezzo versione americana. Ti sei ispirato a questo film?
Può essere che ci siano dei collegamenti: però devo dire che il film di Federico Fellini non l’ho mai visto, quindi. Mi dispiace, ma non sono uno che guarda tantissimi film…
 

Ormai i film indipendenti è come se fossero diventati un genere. Cosa ne pensi di questa cosa?
Io non scrivo film indie né dirigo film indie. Io scrivo storie e dirigo film. Il resto non mi interessa.

Sembra che il protagonista del tuo film si comporti come fosse un tuo alter-ego. Scrivendo il film hai pensato di portare in scena te stesso?
Non trovo che il protagonista sia come me, o quantomeno non l’ho scritto né girato con questa idea in testa: non volevo assolutamente che camminasse come me o parlasse come me, per esempio. I personaggi del film sono tutti inventati e sono nati dalla collaborazione con tutti gli attori. Il protagonista, in particolare, è nato da un lavoro comune che abbiamo fatto insieme a Phillip Seymour Hoffman di cui vado fierissimo.
 

Come è stato il passaggio dietro la macchina da presa?Traumatico?
Sorprendentemente no. Nel senso che pensavo di essere molto preoccupato ma al momento di iniziare a lavorare seriamente al film non ero così pensieroso: forse perché il progetto era talmente impegnativo che avevamo tante di quelle cose da fare che non c’era tempo per pensare ai problemi. Se ce l’ho fatta, comunque, è perché ce l’abbiamo fatta tutti insieme, tutte le persone che hanno lavorato al film hanno fatto un magnifico lavoro. Anche se ho capito che dirigere un film è ben più difficile che scriverlo, non fosse altro per il fatto che ti senti tutta la responsabilità addosso di un progetto che coinvolge così tante persone.

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