CANNES 61 – ''Los Bastardos'', di Amat Escalante (Un Certain Regard)

los bastardosIl regista messicano di Sangre, presentato a Cannes nel 2005, sempre nella sezione Un Certain Regard, con questo film conferma la ricerca spasmodica di un proprio stile che percorre con ritmo sincopato la strada dello spasmo temporale, forzando la natura claustrofobica entro le caselle prefabbricate e rigide del paradigma/cinema

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los bastardosA Los Angeles, come ogni mattina, Fausto e Jesus, due lavoratori messicani clandestini, aspettano all’angolo di un terminal il bus nella speranza di essere ingaggiati per qualche lavoretto saltuario. Le paghe sono da miseria e la necessita’ di guadagnare qualche soldo in piu’ sui due si fa sempre piu’ pressante. Il regista messicano di Sangre, presentato a Cannes nel 2005, sempre nella sezione "Un Certain Regard", con questo film (tra i produttori esecutivi c’e’ anche il collega Carlos Reygadas di Japon, Battaglia nel cielo e Stellecht Licht) colpisce apparentemente solo per le sue immagini violente del finale e per una particolare andatura sincopata, in cui si registrano picchi improvvisi di passione e sangue a estenuanti momenti di calma piatta. Ma anche in quei momenti dove non sembra poter succedere nulla, la tensione e’ in agguato forse perche’ i corpi di Escalante gridano liberta’, sofferenza e disperazione insieme. Ricorda nel suo incedere piu’ un regista come Lisandro Alonso, anche se non sembra possedere il senso dello spazio e del tempo che invece l'argentino concede. Le operazioni di “ripulitura” e sottrazione impegnano l’autore allo spasimo, forzando la natura claustrofobica entro le caselle prefabbricate e rigide del paradigma/cinema. Il compito non è mischiare nuovi “generi” o storie fenomenali; anzi spesso sembrano sfuggire completamente alla comprensione quelli/e che non si potrebbero adattare all’incasellamento. Escalante non mira neanche a farsi trascinare in nuove storie, neanche prova a scappare (se non in una fuga finale): è intollerante verso quelle “inventate” da altri. Concentrando l’attenzione su un ambito ristretto di tratti e problemi relativamente “esoterici” (la ghettizzazione, l’incomunicabilità, l’ambigua scoperta), il cinema rivela il peso di corpi ingombranti e assenti coprendo progressivamente il vuoto del disincanto. Ma non e’ tutto da reinventare il cinema di Escalante, che trova il sensazionalismo quando la tensione pare ormai quietarsi. Paradossalmente s’irrigidisce, perdendo di flessibilità tra i due estremi della solennità e della grossolanità, della pedanteria e della frivolezza, del volgare e del sublime. Non mancano spunti di rilievo visivo e narrativo ma resta il rammarico di un cinema ancora una volta imploso su se stesso.

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