CANNES 62 – "Come si può andare al cuore di ogni storia?" – Incontro con Pete Docter e John Lasseter

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E’ la Pixar ad aprire ufficialmente le danze di quest’edizione. E si tratta di un avvenimento senza dubbio eccezionale: il primo film d’animazione, per giunta in 3D, a dare il via alla manifestazione. Dopo una proiezione stampa che ha suscitato grande entusiasmo, autori e produttori hanno incontrato i giornalisti

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UpSi apre ufficialmente la 62ª edizione del Festival di Cannes e in modo tutt’altro che scontato. Una marea di palloncini colorati sono pronti a sommergere l’ingessata solennità del cerimoniale. Sono il simbolo più immediato e fantastico del film d’apertura, Up (La – Haut, qui in Francia), film d’animazione in 3D della Pixar, diretto da Pete Docter. E’ l’ennesimo colpo messo a segno da John Lasseter e la sua gang: primo film in 3D presentato a Cannes ed evento di apertura. Up, fuori concorso, è stato accolto con entusiasmo da critici e giornalisti. Seguitissima la ‘prima’ conferenza stampa, con Pete Docter, il co-sceneggiatore e coregsita Bob Peterson, il produttore Jonas Rivera e uno straripante Lasseter, in veste di produttore esecutivo.
 
In Up c’è un’immagine molto forte, che guida tutto il film. Questa casa che si alza in volo grazie a migliaia di palloncini. A cosa vi siete ispirati? E di chi è stata l’idea?
J. L. – Alla base di ogni film della Pixar ci sono idee che vengono dall’esperienza personale e dalla fantasia dei singoli autori. Ma l’obiettivo principale, per me, è sempre quello di andare alla ricerca e restituire il cuore della storia. C’è qualcosa in questa idea, capace di suscitare un’emozione profonda negli spettatori? E’ questo quello che conta più ogni altra cosa. La questione più delicata dell’intero processo creativo.
 
Che sensazione vi dà presentare il vostro film qui a Cannes, e in apertura per giunta?
J. L. – Poter aprire il Festival di Cannes è sicuramente una delle cose più grandi e belle che ci siano mai capitate. Cannes rappresenta qualcosa di molto speciale per un regista. Ma quello che aspetto con più ansia è vedere stasera, al gran galà, la gente vestita in smoking inforcare i grandi occhiali 3D
 
Il protagonista, Carl assomiglia molto a Spencer Tracy. Vi siete ispirati a lui per i disegni?
P. D. Quando abbiamo disegnato il personaggio ci siamo ispirati ai tratti caratteristici di attori che hanno avuto ruolo importante nelle nostre infanzie e di persone che conoscevamo, persone della nostra famiglia. Certo si può parlare di Spencer Tracy, ma anche di Walter Matthau. In effetti, il nostro proposito era di ricreare l’atmosfera tipica del cinema americano anni ’40 e ’50. Ne è un esempio il lavoro sulle musiche, che richiama certo cinema di Capra. O lo stesso personaggio del ‘cattivo’, Charles Muntz, chiaramente ispirato a Errol Flynn.  
 
Come mai avete deciso di affrontare la sfida di un film interamente in 3D. Quali sono le esigenze espressive alla base di questa scelta?
P. D. – Bè il 3D permette di rendere più concrete e immediate alcune intuizioni. In Up abbiamo lavorato sulla profondità di campo e con il colore, per veicolare al meglio le emozioni.  Ad esempio, nella prima parte, stringendo il quadro su Carl,  abbiamo cercato di rendere al meglio un senso di claustrofobia, la sua vita triste e solitaria. Nella seconda parte, al contrario, abbiamo accentuato sulla profondità di campo, per rendere il senso dell’avventura, di una nuova libertà.
J. L. – Di certo il 3D può aiutare a proiettare ancor più lo spettatore all’interno del film, nella storia. Può essere un mezzo straordinario per favorire una vera partecipazione emotiva.    
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