CANNES 62 – "Ho immaginato questo film come una ballata di Keats". Incontro con Jane Campion

jane campion

A Cannes vinse la Palma d’Oro nel 1993 per Lezioni di piano ex-aequo con Addio mia concubina di Chen Kaige. La cineasta neozelandese torna sulla Croisette per presentare Bright Star, film sulla passione che lega il poeta John Keats a Fanny Brawne presentato oggi nella competizione ufficiale

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jane campionJane Campion ritorna a Cannes in selezione ufficiale. A 6 anni di distanza da In the Cut, la regista neozelandese realizza un film in costume sulla passione che lega il poeta John Keats a Fanny Brawne. Nel
corso della proiezione stampa, la pellicola è stata a lungo applaudita.

 

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Che effetto le fa essere di nuovo in concorso a Cannes?
Sono emozionata e ma anche terrorizzata. Penso che la competizione ufficiale a Cannes possa aiutare il film ad essere conosciuto di più.
 
Lei poi è l’unica donna ad aver vinto la Palma d’Oro, oltre ad aver vinto l’Oscar nello stesso anno per Lezioni di piano
Per me forse è stato più facile. Dove lavoro io, in Australia, non ci sono dei grandi studios quindi c’è maggiore libertà. Ad Hollywood invece gli studios sono sempre piuttosto scettici sul fatto che le donne possano realizzare dei bei film. Nelle scuole di cinema del mondo, la metà degli allievi sono donne. E molte di loro sono anche brave.
 
Come ha pensato Bright Star?
Ho immaginato questo film come una ballata alla maniera di quelle che scriveva Keats. E’ una storia sull’amore che nacque e si sviluppò tra Fanny Brawne e John Keats. La storia è come se progredisse attraverso delle strofe. Il loro attaccamento diventa sempre più profondo ma anche le loro difficoltà sempre più grandi
 
Non si può definire il film come una biografia?
No, non è un biopic. Una biografia mi avrebbe impedito di mettere in luce i dettagli. Mi interessava invece approfondire il rapporto con Fanny Brawne. La loro vicenda passionale è così intensa che sembra uscire anche fuori dalla poesia di Keats.
 
Dopo Lezioni di piano e Ritratto di signora, ha deciso di ambientare il film ancora in un’epoca passata…
Più che le forme del film in costume, mi interessava soffermarmi sui due protagonisti. Sono due esser umani e per me, più che concentrare l’attenzione sulle ville o sui costumi, preferivo mettere a fuoco la loro intimità, sulla loro anima. Volevo poi anche comunicare la gioia che Keats portava intorno a sé. Era un poeta ma anche una persona che si divertiva a giocare e a fare scherzi.
 
Il suo ultimo film risale al 2003, In the Cut. Come mai è passato tutto questo tempo tra quel film e Bright Star?
Innanzitutto per una donna il lavoro di regista è estremamente complicato e difficile. Poi, personalmente, ho scelto di fermarmi per qualche anno per occuparmi di mia figlia adolescente che si stava dimenticando di avere una madre”
 
 
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