CANNES 64 – "Mi interessava creare una familiarità come nella vita reale". Incontro con Alain Cavalier

alain cavalier
Il regista francese, vincitore del premio della giuria nel 1986 per Thérèse, torna in concorso al festival per la terza volta con Pater, in cui con Vincent Lindon si crea una complicità simile al rapporto padre-figlio. Nel corso dll'incontro, ha sottolineato l'importanza di creare un'atmosfera familiare e il lavoro fatto sulla parola

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alain cavalierUn rapporto quasi padre-figlio. C'è un legame stretto in Paster tra regista e protagonista, Alain Cavalier e Vincent Lindon, presentato in concorso. Il regista francese è la terza volta in competizione dopo Thérèse (1986) con cui vinse il premio della giuria e Libera me (1993). È tornato comunque altre volte al Festival di Cannes con Le filmeur (Prix de l'Intimité) nel 2005 e Iréne nel 2009, presentati entrambi nella sezione Un certain regard

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Sembra che questo film sia stato fatto poco a poco, pezzo per pezzo con la sua volontà di lavorare insieme a Vincent Lindon.

C'erano solo due attori con i quali potevo realizzare questo progetto. Una è Sophie Marceau, l'altro Vincent Lindon

Che tipo di lavorazione è stata?

Lo scopo era quello di girare e ci siamo resi conto che sulla durata potevano esserci delle lungaggini, quindi lo scopo. Abbiamo quindi lavorato sulla parola, sulla concezione della frase calibrati in base al rapporto con tutto il film. Abbiamo preso la macchina da presa e abbiamo proseguito una sorta di conversazione. Ci potevano essere dei pericoli in questo metodo ma non più dei film tradizionali

C'era una struttura di base comunque o ha prevalso in qualche modo una specie di improvvisazione neorealista?

La conversazione di questo genere è un tipo di dialogo come se si fosse in cucina, quindi familiare, dove ci si sente a proprio agio, non troppo lunga né noiosa. Si voleva dare quest'impressione. Quello che mi interessava però era soprattutto creare una familiarità come nella vita reale

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