CANNES 64 – “The Tree of Life”, di Terrence Malick (Concorso)


Terrence Malick è colpevole d’aver girato The Tree of Life, e la colpa è quella d’aver tentato di dare forma all’implasmabile lutto di cui facciamo finta di non accorgerci da quando la vita cammina su questa Terra, ma che sempre c’accompagna. La ricerca della perfezione ha portato come unica conquista il poter ascoltare un vinile di Mahler mentre si pranza: e il cinema di Malick sembra infestato dalla terribile condanna di non avere adesso più ormai nient’altro da (lasciarci) immaginare.

La recensione del film vincitore della 64a edizione del Festival di Cannes.

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Al di là e al di fuori delle complicatissime architetture che il divino Lubezki innalza per inventare (27 brevetti) i confini del cinema di Malick, che gratta via il gratta dai grattacieli e intende il volto di Sean Penn come architettura tra le architetture, geometria tra le geometrie, e dunque al di là e al di fuori della fascinazione per una macchina immaginifica che lavora a quello stesso vastissimo respiro pulviscolare che ti colpisce quando rivisitando i luoghi e gli spazi amati ed esplorati da bambino li ritrovi oggi infinitamente più piccoli, chiusi e stretti, Terrence Malick è colpevole d’aver girato The Tree of Life.
Come i bambini che giocano con le rane catturate tra gli steli d’erba, legandone una ad un piccolo razzo da sparare e far esplodere in aria: “avrà raggiunto la luna?”, la colpa è quella d’aver tentato di dare forma all’implasmabile lutto di cui facciamo finta di non accorgerci da quando la vita cammina su questa Terra, ma che sempre c’accompagna (l'Infanzia del Grande Romanzo Popolare Americano?). La ricerca della perfezione ha portato come unica conquista il poter ascoltare un vinile di Mahler mentre si pranza: è impossibile non impazzire per la rabbia come Mr O’Brien, se solo uno prova a ragionarci.
Malick è disperata vittima, forse inconsapevole perché distanziatosi volontariamente da quello stesso Mondo che ogni gesto di questo suo film tenta di racchiudere, della stessa lontananza attraverso la quale percepiamo la voce ultratrattata di John Frusciante in quel suo smielato brano trance-pop di qualche anno fa, che andava ripetendo unicamente la frase che da subito pensasti potrebbe racchiudere da sola l’intera missione del Cinema: i’ll know her face a mile away. Riconoscerei il volto di lei ad un miglio di distanza. TheTree of Life è un film che parla di leggere i libri al buio nella propria stanza da letto dopo che ti è stato intimato di spegnere la luce, inquadrando la pagina con il fascio rotondo della torcia, e spingendosi poi a inventare la scena intorno al tuo letto indirizzando il cerchio di luce verso il giaciglio dei fratellini e il vuoto della stanza.
Qui a irradiare è Jessica Chastain, che è forse l’unico vero movimento – ovviamente, di distanza – di un film dolorosamente immobilizzato, in cui il passato non si rianima mai veramente né rivive, quanto viene commemorato come monumento ad un finto fantasma, quello che pensi di scorgere con la coda dell’occhio all’interno di un ricordo magari mai davvero accaduto. Malick è colpevole, ed è anche sconfitto, perché sembra guardare ad una vita e ad una Terra già irrimediabilmente implose: se un dinosauro in CGI inventa il Mondo cercando di schiacciare mortalmente la testa ad un suo simile ma poi lascia perdere e se ne va, incurante, allora davvero abbiamo cominciato dalla Fine, non dall’Inizio dei Tempi.
Viene in mente per conforto e non per confronto la potentissima ri/nascita di una stretta di mano nel finale (?) del vertiginosamente simile e abissalmente opposto Hereafter di Clint Eastwood, il vero film definitivo del decennio appena trascorso: la scintilla che quell’istante faceva scoccare in Eastwood è talmente luminosa, semplice e reale perché coglie quello che Malick per tutto il suo film rincorre vanamente, inseguendo la possibilità di accedere alla Storia facendoci irruzione all’interno di tanto in tanto, pensando che possa bastare per possederla pienamente, mentre The Tree of Life sembra infestato dalla terribile condanna di non avere adesso più ormai nient’altro da (lasciarci) immaginare.

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    31 commenti

    • recensione odiosa. imputi a Malick quello che fai tu stesso: una recensione tanto abiziosa quanto vuota e inutile
      ps: "hereafter il vero film definitvo del decennio"? Ho mio Dio….

    • Eccoli i pasdaran malickiani che partono all'attacco! Preparatevi selvaggi alla crocifissione, gli avete toccato il Totem! Io lo vedro' domani, come tutti noi "terrestri", e ricommenterò con le mie opinioni sul film visto, non sul pregiudizio.

    • ahahaha
      cara lidia come potrai notare non ho fatto nessun commento sul film (che non ho visto) ma solo sul tono della recensione da cui ahimè non si capisce niente del film.. tutto qua. io non sono affatto un fan di Malick, anzi lo sono di Eastwood che con Hereafter mi ha deluso molto…
      odio le rensioni che mettono al centro sè stesse e non il film.. difetto ahimè piuttosto tipico dei "selvaggi"
      buona visione per domani e un saluto …dal pianeta terra

    • Francamente non ho capito nulla. Per capirne qualcosa ho dovuto leggere altre recensioni. Mi pare che il film di Malick sia da lodare o da rifiutare in blocco. Quando lo vedrò dirò la mia.

    • appunto..
      comunque viva sentieriselvaggi!

    • Allora non sono il solo a pensare che il tema(Sinossi) del Film interessi ancora chi ama e va al cinema.E serva descriverlo, per chi legge le recensioni.Anche se per il film di Malick, sarà sicuramente non facile descriverne il tema e cio che racconta

    • di solito la penso diversamente, ma non credete che da un festival qualche informazione in piu' sulla trama aiuterebbe noi poveri lettori? Un conto e' leggere dopo aver visto il film o letto la trama, altro e' stare dietro i vostri sentieri mentali, interessanti, ma di che parlate?

    • Però…nella sezione appena accanto "Aritcoli Correlati" ci sono scheda del film, ampi servizi sui realizzatori e interviste…mi pare che la rivista metta ampiamente a disposizione i materiali preliminari alla successiva lettura della recensione…sono lì accanto, basta cliccare!

    • Hai ragione Frank… come siamo pigri 🙂

    • Scusate,non mi è chiaro dove si trovano questi articoli correlati in cui si trova il tema del Film.Di solito entro nel sito, e mi trovo nella home page.Vedo l'articolo con la foto di un film,clicco su quello che mi interessa,e mi trovo la recensione del film scelto.Dopodichè non ho capito,come dovrei navigare per trovare il tema del film.Per me non è pigrizia.E' solo che non ho capito come si accede.Fermo restando che in una recensione ,un accenno al tema,penso proprio sia indispensabile.

    • Sono appena accanto gli articoli, sposta lo sguardo…ciò che si sapeva (pochissimo) della trama è in quegli articoli…considerando che è un film che probabilmente fa proprio dell'antinarratività un suo punto cardine, penso che sia un ventaglio di materiali abbastanza soddisfacente…

    • Ma perchè dovremmo andarci a cercare certe informazioni del film in altri articoli? In qualsiasi parte del mondo all'interno della recensione si scrive tutto ciò che riguarda il film. Per giunta Sentieri Selvaggi arriva praticamente per ultima a pubblicare la sua opinione… manco il Signor Sozzo l'avesse scritta su tovagliolo di carta appena uscito dalla sala…!

    • Condivido molto quello che dici, ma lo scrivi in modo ridondante e senza nessuna pieta' per la sceneggiatua. Forse e' la fretta.

    • per la punteggiatura, sorry

    • leggo sentieri selvaggi esattamente per i motivi che adduce Biro. Ovvero perchè i suoi critici riescono a cogliere il cuore del film oltre le trame, che possono scrivere e copiare tutti. La vostra forza sta in questa originalità di sguardo, non perdetela per star dietro lettori superficiali che meritano le porcherie tutte uguali che si leggono altrove. Resistete e continuate così, lunga vita a Sergio Sozzo (anche se a volte non lo condivido trovo sempre stimolante ció che scrive)

    • È vero! ho visto di persona il signor Sozzo uscire dalle proiezioni con un tovagliolo in mano! Perchè chi si ciba di cinema, alla fine della proiezione si pulisce :))

    • Ho faticato anch'io a leggere questa recensione, ma girando per la rete penso di poter concludere che questo film, come e più degli altri film di Malick, è destinato a dividere critica e pubblico tra chi lo ama e chi lo odia. E mi sembra di vedere, tra le altre cose, un rigetto generalizzato verso la componente più intima e religiosa dell'opera; magari mi sbaglio, ma mi sembra di cogliere che tanti di coloro che apprezzano il film si affrettino a specificare che non c'è una matrice prettamente cristiana nell'opera, o che ci sia un approccio spirituale non catalogabile, mentre i detrattori lascino intendere che il punto debole sta proprio nella fastidiosa ambizione di dare una risposta al senso della nostra esistenza. E invece io credo che nessun film di Malick possa essere visto a prescindere dalla spiritualità profonda dell'autore, che – opinione mia – è evidentemente di formazione cristiana. Se accettiamo questo, forse possiamo dare un giudizio più sereno.

    • ma ci voleva tanto a riportare due parole di trama e qualcos'altro? Questo film non è Il grande sonno di Howard Hawks, mi pare.

    • a @ernesto e a tutti i cercatori di trame: a quanto ne sapevo io, la sinossi è un breve riassunto, o se preferisci un compendio, non "il tema del film". La sinossi ufficiale di Tree of Life è su wikipedia, e chi ha creato la voce l'ha presa dal sito della Fox. Le sinossi si trovano non a caso nei pressbook e nei materiali promozionali dei film (o dei libri) perchè hanno uno scopo preciso. Che non è il medesimo scopo, o se preferite, desiderio, di chi scrive di cinema da un festival. Scrivere per fortuna qualche volta è ancora una faccenda di desiderio. E anche leggere.

    • Un film di incredibile presunzione, mi sorprende che a parte poche eccezioni tutti trovino straordinario questo polpettone pseudofilosofico infarcito di banalità ed immagini da documentario National Geographic. Non voglio nemmeno replicare a chi lo paragona a 2001 odissea nello spazio tanta è la distanza. Vorrebbe essere poetico Malick, e a me ha fatto venire in mente quel verso di De gregori: 'I poeti che brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa'.

    • a me invece stupisce sempre la presunzione di certi commenti.. ogni volta che vado a Venezia o Cannes rimango sempre basito dalla spocchia di giornalisti/critici, soprattutto i più giovani. Fare il critico dovrebbe essere prima di tutto uno strumento per decodificare, spiegare o comunque raccontare un'opera intellettuale agli occhi dei lettori.. E invece per le nuove generazioni di critici l'unica opera intelletuale è quella che stanno scrivendo loro… Che noia, non esiste una via di mezzo tra questi nuovi "intellettuali già arrivati" e Vincenzo Mollica?
      ps: comunque sempre viva sentieriselvaggi (magari con un pò meno spocchia..)

    • Patafisico Phd

      Al distinto signor Sozzo porgo una modestissima domanda: le è mai capitato di rileggere i suoi pezzi? Se sì, le è mai successo di riscontrare un certo divario tra quello che ha appena scritto e, non certo il film che evidentemente ha creduto di vedere, ma piuttosto la lingua, la sintassi e soprattutto la retorica italiana? Temo che a volte Bronco Billy sia soltanto Bronco Billy.

    • lunga vita al signor Sozzo! non condivido ma apprezzo, lo stile e le emozioni che mi passano i suoi pezzi. e non importa che a me, invece, il film di Malick mi abbia trascinato in un'altra dimensione, oltre il cinema, fuori dallo schermo, come nel ventre di una madre fantascientifica, forse disumana, ma così ricca di un umanesimo visionario da spazzarti via ogni altro sguardo possibile. E quindi plaudo, da un altro punto di vista, al suo meraviglioso finale, che condivido: "The Tree of Life sembra infestato dalla terribile condanna di non avere adesso più ormai nient’altro da (lasciarci) immaginare." E' vero. L'immaginazione è finita. E, forse, anche il cinema.

    • @patafisico pdh (carino il suo dottorato) ahimè, il suo nickname fa poco onore al suo commento. Lei è assai poco Ubu Roi e se non è pata, è ancor meno fisico, nel senso della concretezza: difatti mi domando, che diavolo c'entra la sintassi con la retorica?

    • Comunque, ho notato che questo scritto che taluni definiscono così incomprensibile non fa altro che arrivare alla stessa conclusione di ghezzi quando dice che dopo mezz'ora di Tree Of Life è stato assalito da una sorta di terrore che con ciò fosse finita la storia del cinema, che è un film "in 7D" che cambia la storia del cinema. a proposito, le sue dichiarazioni da Cannes sbobinate su Caterpillar sono una lettura impagabile :)http://caterpillar.blog.rai.it/2011/05/16/ghezzi-sbobinato/

    • OMG!!! il mito Ghezzi che dice (quasi…) la stessa cosa che ho scritto, me misera umana, nel mio post qui… mi sento onorata e ho le guance rosse! ma a quando uno spazio ghezzi fisso su sentieri selvaggi?

    • @DinaM: infatti, il concetto è lo stesso!

    • Malick e Refn: stroncati da Sentieri, premiati dalla Giuria…

    • Signore perdonali, non sanno quello che dicono (ehm scrivono)

    • Ma sono io strana? A me questa recensione non sembra affatto una stroncatura! E' una analisi attenta e lucida del film, che è un viaggio dentro la fine del mondocinema. E' stroncare il film leggerne questa deriva interna, quasi manifesto programmatico dell'ultimo Malick? Ma li leggete gli articoli? w malick, w sentieri. Gnurant! 😉

    • girasole capovolto

      Per fare un tavolo
      ci vuole il legno
      per fare il legno
      ci vuole l'albero
      per fare l'albero
      ci vuole il seme
      per fare il seme
      ci vuole il frutto
      per fare il frutto
      ci vuole un fiore
      ci vuole un fiore,
      ci vuole un fiore,
      per fare un tavolo
      ci vuole un fio-o-re.

      Per fare un fiore
      ci vuole un ramo
      per fare il ramo
      ci vuole l'albero
      per fare l'albero
      ci vuole il bosco
      per fare il bosco
      ci vuole il monte
      per fare il monte
      ci vuol la terra
      per far la terra
      ci vuole un fiore
      per fare tutto
      ci vuole un fio-o-re.