CANNES 65 – Incontro con Carlos Reygadas

reygadas sul set
Il regista messicano, in Concorso con Post Tenebras Lux e le sue lenti fuori fuoco ai bordi dell’inquadratura, per segnare una frontiera, un trapasso di forme, corpi, la notte e il giorno, l’infanzia e l’adolescenza, il cuore malato dell’isolamento forzato con la logica dell'istinto. Juan e la sua famiglia si trasferiscono dalla città nelle campagne del Messico. Lì, godono e soffrono di un universo che concepisce l'esistenza in modo diverso…


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Il regista messicano, in Concorso con Post Tenebras Lux e le sue lenti fuori fuoco ai bordi dell’inquadratura, per segnare una frontiera, un trapasso di forme, corpi, cromatismi, la notte e il giorno, l’infanzia e l’adolescenza, il cuore malato dell’isolamento forzato con la logica dell'istinto. Juan e la sua famiglia si trasferiscono dalla città nelle campagne del Messico. Lì, godono e soffrono di un universo che concepisce l'esistenza in modo diverso. Juan si chiede se i due mondi siano complementari o piuttosto, inconsciamente, non combattono per eliminarsi l'un l'altro. In conferenza con i suoi attori, l’autore di Japon, Battaglia nel cielo e Stellecht Licht

 

 

Perché ha scelto la lente fuori fuoco per questo film?
Per tutto il film, la lente speciale è stato utilizzata solo per gli esterni, mai per gli interni e soprattutto solo ai bordi dell’inquadratura e mai al centro di essa. È solo una questione di estetica. C’è uno sguardo che si posa sulla vita, la vita che è abbastanza trasfigurata in questo film.

 
Ci può dire qualcosa in più sull’ultima scena del film, in cui uno degli interpreti si stacca la testa con le proprie mani?
Questa è un’immagine tutta messicana, che richiama lo spirito di questa terra, al calar della sera. È solo però un’immagine. Purtroppo, siamo in un momento storico in cui non abbiamo il ricordo per questo genere di cose. È un’immagine potente, che mi è venuta in maniera spontanea.
 
 
Che tipo di lavoro ha fatto sullo sguardo e sul film in generale?
Penso sia sempre meglio nel cinema lasciar scorrere, senza voler far credere che quest’opera vada considerata postmoderna. C’è una logica che giunge dall’istinto. Ho sempre la tentazione di trasformare quello che vedo. Ho recentemente costruito una casa, e al momento di piazzare le finestre, ho realizzato che non amo il vetro moderno. Sono un nostalgico, amo le finestre che si possono "provare", "sentire", e con cui si possono vedere le cose diversamente.

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