CANNES 65 – Incontro con Cristian Mungiu

cristian mungiu
Il regista rumeno, a 5 anni dalla Palma d'Oro per 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, ha presentato in concorso Beyond the Hills e si e' soffermato a parlare del suo stile, delle differenze col film precedente, del rapporto con il direttore della fotografia Oleg Mutu, della coproduzione dei fratelli Dardenne e infine dello stato attuale del cinema del suo paese

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cristian mungiuIl tema dell’amicizia femminile, della solidarieta’ appare molto forte. Qui c’e’ poi una storia veramente accaduta e la religione.

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Non si puo’ intanto paragonare questo mio film con la mia opera precedente, 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni. Volevo fare una cosa completamente differente in rapporto all’altro che e’ andato molto bene. Per me l’approccio migliore a quest’ultima opera e’ quello di non paragonarla ai miei lavori precedenti. Non c’e’ la stessa tensione qui. Poi ho scelto questa storia e l’ho privilegiata rispetto ad altre che avevo in testa. Mi interessava questa comunita’ religiosa al femminile. Non e’ tanto un film sull’amicizia come la pellicola precedente. Direi piuttosto che è un film sull’amore.


Nel film non c’è musica tranne alla fine. Poi un tratto spesso distintivo e’ l’uso del piano-sequenza. Qual e’ il legame tra il suo stile e la realta’, anche in rapporto al cinema dei fratelli Dardenne che fanno parte della coproduzione?

Questa tecnica l’avevo ga’ utilizzata precedentemente e non avevo i fratelli Dardenne come coproduttori. Non ci sono quindi legami. In 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni avevo deciso di non utilizzare la musica e di abusare del montaggio. Perche’? Altrimenti avrei fatto un altro tipo di cinema. Il regista deve restare abbastanza invisibile. Col montaggio si tratta di fare delle scelte. La scelta del piano-sequenza è ad esempio una scelta. Un po’ come a teatro. Siete voi, davanti a quello che accade, che decidete cosa e’ importante e cosa lo e’ meno. L’intervento dei fratelli Dardenne e’ stato buono per altre ragioni, innanzitutto perche’ hanno apprezzato lo script dopo averlo letto.

Il lavoro di collaborazione col suo direttore della fotografia Oleg Mutu?

Non so come lui lavora con gli altri. Abbiamo cominciato a collaborare già da quando eravamo studenti. Non abbiamo poi piu’ bisogno di parlare troppo. E’ un ottimo direttore della fotografia e qui abbiamo introdotto dei cambiamenti: c’e’ piu’ liberta’. E’ l’azione, l’energia che conta, e l’inquadratura dipende da questa.

Qual’e’ il punto di vista a cui bisogna approcciarsi?

E’ difficile decidere chi in questo film ha ragione o torto. Di sicuro c’e’ una vittima, una persona che muore. E’ importante che lo spettatore sappia vedere da che parte stanno i personaggi. Non si sa chi e’ colpevole. Si vede che le due protagoniste si rincontrano alla stazione dopo che erano state all’orfanotrofio. Beyond the Hills parte da li’.

Qual e’ lo stato oggi del cinema rumeno e come sono considerati i suoi film in patria?

Il cinema rumeno e’ molto apprezzato in Francia e in Europa ma non nel nostro paese. Dai noi ricercano soprattutto i mainstream americani. Cosi’ per esempio un ragazzo di 18 anni che non ha guardato altro che serie-tv statunitensi, non e’ incuriosito dal cinema d’autore. La nostra crisi di oggi non riguarda quella tipo di 5 anni fa dove non c’erano abbastanza schermi per proiettare i film. Riguarda innanzitutto la formazione e la curiosita’ dello spettatore.

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