CANNES 65 – “Mekong Hotel”, di Apichatpong Weerasethakul (Fuori Concorso)

mekong hotel
Il regista tailandese, vincitore della Palma d'Oro nel 2010, con Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, ritorna a Cannes con un'opera ancora una volta inclassificabile e per di più, stavolta, difficilmente collocabile in sala, trattandosi di una pellicola di circa un'ora. Coniugazione di realtà e finzione, una madre-vampiro con sua figlia, due giovani amanti e il fiume. Storia di un incontro, di un idillio, tra la pentatonica tailandese e le scale blues… e la musica afro-americana sembra attingere feconda religiosità animista

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Il regista tailandese, vincitore della Palma d'Oro nel 2010, con Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, ritorna a Cannes con un'opera ancora una volta inclassificabile e per di più, stavolta, difficilmente collocabile in sala, trattandosi di una pellicola di circa un'ora. Mekong Hotel è situato sul fiume omonimo, al nord-est della Thailandia. Il fiume segna il confine con Laos. Nelle stanze e sulla terrazza, il regista e la sua “équipe”, inscenano una sorta di remake di un suo film di qualche anno prima, Ecstasy Garden. Il film coniuga realtà e finzione, una madre-vampiro con sua figlia, due giovani amanti e il fiume. Mekong Hotel, poiché il film è stato girato quando il Paese ha subito una delle più devastanti inondazioni della storia, procede in un'atmosfera decadente, in cui la politica non lascia sognare e la deriva sembra essere l'unica possibilità futura. Cinema che straripa o che si sente arrivare come un'onda lunga, da lontano, ma che resta solo un lungo attimo al tramonto? È magnifica stratificazione, in cui Apichatpong, si fa anima contemporanea dello sguardo perso nel vuoto, dello sguardo ritrovato per un istante, per poi ricadere verso il cuore. Il suo respiro lo senti scivolare sui corpi, allora filma la lontananza, difendendo la profondità. Ma è profondità frammentata, perchè anche quando prova a seguire il percorso lineare del racconto canonico, cede ai richiami del divenire, dello spazio in movimento impercettibilmente nervoso, che appare prossimo, ma si perde in fondo alle stanze, come gabbie. Senti, senza avvertire, impronte quasi immateriali, senza spessore né pesantezza, quelle dei fantasmi del cinema e della vita. Rifiuto del cinema per il cinema: Apichatpong dipinge e schizza e quasi non si accorge di girare, per un’assurda, bestiale, emozionante, passionale, carnale, sconvolgente, moltiplicazione paranoica dello sguardo. Parte da un'esperienza radiofonica, titoli di testa e dialoghi sul nero dello schermo per diversi lunghi secondi, e continua all'estremo, all'infinito, con una melodia blues di chitarra, suonata in terrazza in live che rievoca nelle note Kyle Eastwood e nella retorica lo spirito impressionista e improvvisato di Jonathan Demme e le sue “jam session” interminabili. Ma Apichatpong è lontano anni luce da tutto ciò, evidentemente. Ennesimo capolavoro di uno dei nostri registi contemporanei più strabordanti. Apichatpong meraviglia con qualcosa che c’era già, come quell'immenso letto d'acqua, e che ha assunto una forma nuova, ha subito una trasformazione, come i suoni, i colori, i ponti della città nuova. Il suo cinema è un’abracadabra, fa essere quello che non è. Rende anche la noia necessaria alla serenità dello sguardo: il dolore degli anni che furono e non saranno più, per farsi cinema, deve farsi ancora noia. Allora, ancor prima che ispirato, questo cinema è sempre più di traspirazione, trasmigrazione, trasfigurazione impercettibile che ti penetra il cuore. Lo spirito dello spazio e del tempo sembra quasi muoversi ancor più velocemente della materia immagine.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

 

Chi l’ha detto che il cinema è morto solo perché è già impresso inesorabilmente su un nastro? Apichatpong è solo all’iniziodi un’esplorazione e non riproduce corpi già morti e poi passati al presente: non smette mai di scalare con urgenza le storie intrecciate e complicate dalla vita, per noi che dovremmo cercare il cinema non per riflettere, ma per necessità, per un bisogno di trovare visioni d’insieme stratificate nelle tracce lasciate dalla storia, e, ancora, angoli periferici rimembranti e parziali, in cui perdersi nella poesia della manualità cinematografica, nella tormentata fatica a resistere. Cinema spirituale che non è propriamente un sogno e neanche un fantasma, a volte vicoli ciechi dell’immaginario, ma il dominio di una scelta esistenziale, di una caparbia e, al tempo stesso, sconvolgente sensualità di sguardo. I protagonisti divorano carne cruda, viscere estirpate sotto la stessa luce crepuscolare, fra tagli di montaggio necessari e reiterati, proprio come una melodia blues. Sovrapposizione di più divisioni, accenti e attacchi del tempo a opera di più voci o strumenti. Storia di un incontro, di un idillio, tra la pentatonica tailandese e le scale blues: la musica afro-americana sembra attingere feconda religiosità animista. Nelle viscere dell'esistenza devastata e disperata, l'esperienza musicale assume un carattere politeista coincidente con gli elementi della natura e con gli spiriti degli antenati. Il blues di queste immagini è contro ogni forma di dispotismo: privilegia la collettività rispetto all'individualità. Nuota in una dimensione totalizzante del sacro, come colonna sonora della vita individuale e sociale. Il blues di queste acque è la radice, il resto è il frutto.

--------------------------------------------------------------
CORSO COLOR CORRECTION con DA VINCI, DAL 5 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    3 commenti

    • ciao volevo chiederti se avevi notizie sulla distribuzione di questo film (cinema, dvd o altro); so che è difficile aspettarsi una versione italiana, ma lo zio boonmee aveva avuto un buon successo, spero ci siano buone notizie … grazie ciao carlo

    • sembra che Fuori Orario lo abbia acquistato per trasmetterlo, ma non so quanto è attendibile questa informazione.

    • grazie, speriamo in ghezzi allora:)