CANNES 65 – “Mud”, di Jeff Nichols (Concorso)

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Una prima parte decisamente più felice in un film in cui il talento del regista di Take Shelter si è dovuto confrontare con troppi compromessi. Tra thriller e favola mitica, con l’ingranaggio dell’azione che funziona con un po’ del cinema di John MacNaughton annacquato però con brandelli di teenager-movie mai risolto. Sorprendente soprattutto la prova di Tye Sheridan nei panni del quattordicenne Ellis

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mudC’è un’atmosfera strana dentro Mud. Malata, ma non troppo, inquieta ma non troppo, da cinema indipendente ma non troppo. Come un romanzo di formazione, con una cittadina che diventa luogo di una resa dei conti da contorni western, tra motel, oggetti riciclati, l’asfalto e soprattutto l’acqua del Mississippi, con il fiume diventa il tratto che separa la terraferma da un’isoletta. Qui si è rifugiato Mud. Ha con se’ una camicia bianca e una pistola. Due quattordicenni, Ellis e Neck s’imbattono casualmente in lui. Lo aiuteranno a riparare una vecchia barca su un albero. Tra loro nasce anche un’amicizia. Ma l’uomo con loro è sincero o no? E da cosa sta scappando?

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Sulla figura di Matthew McConaughey, quasi un nuovo Robinson Crusoe, Jeff Nichols costruisce un film a metà tra il thriller e una favola mitica. Il cineasta sa rendere misteriosi i luoghi, fa emergere icone intrappolate nel passato (il grande Sam Shepard sembra venire da quei luoghi direttamente dagli anni ’80, non solo come cineasta e attore ma anche come drammaturgo) ed è li che il cineasta riesce a dare forma a questi strani spettri che però sono incapaci di sparire. La parte della rivelazione da parte dei due adolescenti, con segni di passaggio (l’impronta a forma di croce), sguardi dai vetri della finestra (la litigata dei genitori di Ellis, la minaccia alla ragazza di Mud) appare decisamente quella più felice. Dopo l’ottimo Take Shelter, opera seconda di Jeff Nichols che proprio qui a Cannes l’anno scorso ha vinto il Gran Prix della Semaine, il suo cinema ha dato l’idea di essere sceso a troppi compromessi, indeciso da che parte stare. Intendiamoci, il talento c’è e si vede tutto e Mud possiede tutti quegli elementi in cui ci sono i frammenti di un’identità precisa. L’ingranaggio dell’azione funziona, la sparatoria è un bel momento soprattutto perché le traiettorie, da parte di chi spara, sono poco prevedibili.

C’è in Mud un po’ del cinema di John MacNaughton soprattutto nei momenti in cui Ellis va dalla donna amata dal protagonista e sembra che qualcuno lo stia spiando. Purtroppo il film si annacqua con brandelli di un teenager-movie mai risolto, troppe linee narrative parallele non tutte portate a compimento, una colonna sonora che cerca quasi il marchio ancora indipendente e Reese Witherspoon sotto utilizzata e quasi sempre relegata dentro una stanza. Eppure i due ragazzini funzionano. La loro scoperta è quella tipica di certo cinema statunitense degli anni ’80, quasi sulle orme di Stand By Me e Tye Sheridan, nei panni di Ellis è una rivelazione. Certamente siamo su un livello leggermente più alto dei film statunitensi presentati quest’anno. Può bastare o anche no.

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