CANNES 65 – "The King of Pigs" (Dae gi eui wang) di Sang-ho Yeun (Quinzaine des Realisateurs)


Molte sono le analogie tra questo film d`animazione e il cinema d’azione dal vero che si produce oggi in Corea del Sud, a partire dalla caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti che li circondano, dai ritmi contrapposti, dal discorso spezzato in ripetizioni e rivelazioni improvvise, come a volersi fare metafora, nella distorsione del disegno, dell’insanabile contrasto che domina il reale. Tutto in questo The King of Pigs sembra voler virare verso la distruzione e il pessimismo più cupi, che non si stemperano neppure nel finale

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Primo lungometraggio di animazione per il giovane regista sudcoreano Sang-ho Yeun (che ha all’attivo tre cortometraggi premiati in festival internazionali), The King of Pigs presentato alla Quinzaine des realisateurs, è una storia crudele di amicizia, violenza e odio di cui sono protagonisti i ragazzi di un liceo, letteralmente aggrediti dall’ansia di sottomissione. Questo l’atteggiamento di tutti i protagonisti, adolescenti ribelli che già subiscono l’oppressione di una società essenzialmente basata sull’ingiustizia e sulla disparità.
Kyung-min è un uomo d’affari mentre Jong-suk è uno scrittore fallito. Sono stati compagni di classe ma non si vedono dai tempi della scuola, quando le loro vite sono state legate a momenti di grande tensione e sgomento. Si ritrovano quasi per caso e trascorrono insieme una serata destinata a far luce su un terribile passato che ha segnato profondamente le loro vite. Una storia quasi classica che Sang-ho Yeun affronta caricandola di tensione e di ombre, come a voler dichiarare fin dalle prime immagini che stiamo procedendo a tutta velocità verso l’inferno.

Il tratto, infatti, è nervoso, si potrebbe dire quasi ossessivo, i colori cupi, come prosciugati e resi inermi rispetto al movimento sincopato dell’insieme. Nel confronto tra passato e presente, i due protagonisti dimostrano che il tempo intercorso ha semplicemente radicalizzato il loro conflitto con la realtà, rendendo impossibile stabilire delle relazioni normali con i propri simili (come dimostra il rapporto violento tra Jong-suk e sua moglie proprio all’inizio del film). Complici le situazioni difficili o disperate del nucleo famigliare di partenza, ogni loro esperienza si trasforma in eccesso, esasperazione, tormento, fino alle estreme conseguenze della morte o dell’annullamento di se stessi nella rabbia.

Molte sono le analogie tra questo film e il cinema d’azione dal vero che si produce oggi in Corea del Sud, a partire dalla caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti che li circondano, dai ritmi contrapposti, dal discorso spezzato in ripetizioni e rivelazioni improvvise, come a volersi fare metafora, nella distorsione del disegno, dell’insanabile contrasto che domina il reale. Tutto in questo The King of Pigs sembra voler virare verso la distruzione e il pessimismo più cupi, che non si stemperano neppure nel finale. Prodotto in totale indipendenza con un budget di soli 150 mila dollari.

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