CANNES 66 – Nel blu, dipinto di blu

only god forgives

Un attimo prima che l’azione parta, nessuno si muova e tutto taccia. Refn chiede all’intera troupe di restare in silenzio assoluto e di ascoltare insieme a lui quel silenzio (orientale). Nessuno si muova, lo spillo della luce ci potrebbe trafiggere a morte. Il loop riparte, era soltanto singhiozzante in Drive…          

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only god forgivesA quanto gia’ e’ stato detto su Only God Forgives, come in un anello di una catena ininterrotta, andrebbe aggiunta la polisensorialita’ in atto del cinema di Refn, come ormai svelato. Bangkok e’ un museo, sovraesposto, decontestualizzato apparato di néon disseminati nella notte. I corpi, invece, ritratti video concepiti come entita’ estranee, involucri semovibili che rallentano i battiti sino al collasso del cuore. Mira sempre alla testa Refn, dal ventre prova a cavarne l’essenza, ma sempre da un corpo ormai trapassato (quello della madre di Gosling). Cinema fruibile un po’ ovunque, alla fermata della metropolitana, come al museo. Puo’ essere nella cornice di un camino, al posto del fuoco. Sul polso (quello tranciato a Gosling) di un braccio, su una parete di casa, come una finestra, una finestra che mostra un altro mondo.

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rossellini depp pittLa stessa immobilità dei videoritratti è però solo apparente; in realtà i personaggi compiono movimenti, talvolta impercettibili ad uno sguardo distratto e pregiudizievole. Al soggetto ritratto non è mai chiesto di tentare una trasmissione di contenuti o di qualsivoglia emozione. Il tutto cresce in maniera autonoma, anche grazie alle lunghe ore di ripresa del soggetto. La mut(o)azione e’ nella fissità insita, canonica espressione ritrattistica che si evolve con i videoritratti, introducendo il tempo nello spazio del cinema. Una rottura (ma anche tortura) con il fermo imagine, tipico del ritratto, donando ai videoritratti esposti il tempo della vita, ma quella terminale. Forse solo quando siamo fermi diventiamo pienamente consapevoli dell'esistenza del movimento, anche se stare fermi non necessariamente significa stare al cinema. Un attimo prima che l’azione parta, nessuno si muova e tutto taccia. Refn chiede all’intera troupe di restare in silenzio assoluto e di ascoltare insieme a lui quel silenzio orientale (e anatomico). L’augurio in quel momento è che qualsiasi movimento fatto dai soggetti inquadrati scaturisca da un movimento interiore profondo, che solo alla fine arrivi ad avere un risvolto esteriore. Nessuno si muova, lo spillo della luce ci potrebbe trafiggere a morte. Il loop riparte, era soltanto singhiozzante in Drive…          

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