CANNES 67 – Foxcatcher. Incontro con Bennett Miller, Channing Tatum, Mark Ruffalo, Steve Carell
Ispirata a fatti veri, la storia è legata al mondo della lotta libera. Il campione olimpionico Mark Schultz vive in simbiosi con Dave, il fratello coach. Conosce il ricco John Du Pont, che prende sotto la sua protezione la preparazione alle prossime Olimpiadi di Seoul. I tratti paranoidi del magnate e la fragilità caratteriale di Mark Schultz condurranno però la vicenda ad un tragico epilogo
Ancora una volta una storia di sport per il regista statunitense, dopo Moneyball – L’arte di vincere, presentata in Concorso al festival. Bennett Miller (autore anche di Truman Capote – A sangue freddo) mette in scena una storia vera, legata al mondo della lotta libera. Mark Schultz (Channing Tatum), medaglia d’oro nel 1984 alle Olimpiadi di Los Angeles e due volte campione del mondo, è totalmente dipendente del suo sport e di Dave, il fratello coach (Mark Ruffalo). Conosce un magnate sui generis, uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti, John Du Pont (Steve Carell), che prende sotto la sua protezione, finanziaria e psicologica, la preparazione alle prossime Olimpiadi di Seoul. I tratti paranoidi di John Du Pont e la fragilità caratteriale di Mark Schultz condurranno però la vicenda ad un tragico epilogo. Di seguito un estratto della conferenza stampa, in cui erano presenti oltre il regista, i tre attori protagonisti.
Bennett Miller: La difficoltà di lavorare con questo genere di film è quella soprattutto di cercare di far dialogare e conciliare due tipi di verità. Quella della storia, dei fatti, su cui bisogna essere esatti, e una verità universale per la quale si è scelto di raccontare una certa storia. L’aneddoto deve permettere di raccontare una storia universale.
Steve Carrell: Come si fa in questi casi ho studiato tutto il materiale possibile, anche video, che mi potesse aiutare nel costruire il personaggio e soprattutto ho cercato di avere un profondo rispetto per questa storia vera e per i suoi protagonisti.
Channing Tatum: Ho trascorso molto tempo con lui e per me è stato fondamentale per poter lavorare al meglio sul ruolo. Credo sia sempre importante, quando è possibile, confrontarsi con le persone che vogliamo raccontare, ancor più importante del lavoro che si va a fare dopo, davanti la macchina da presa.
Mark Ruffalo: Si. Abbiamo avuto la possibilità, prima e durante le riprese, di prepararci alla lotta allenandoci con alcuni dei più grandi atleti della specialità. Devo dire che è stato davvero difficile e faticoso prepararsi a dovere, ma avere la fortuna di confrontarsi con i migliori campioni in circolazione ha fatto si che potessimo pensare positivamente e con fiducia sul risultato finale.
Bennett Miller: Devo dire che appena ho preso coscienza di voler girare questo film, non sono riuscito da subito ad immaginare come strutturare il rapporto tra i due fratelli, che da subito mi è parso imprescindibile per una convincente realizzazione. Solo molto lentamente, cominciando il montaggio, nella mia testa è cominciata a formarsi una concreta caratterizzazione della relazione fraterna.
Bennett Miller: Si, prima delle riprese ma dopo non li ho più sentiti… Gli interni della villa non sono quelli originali, ma solo gli esterni.
Bennett Miller: Non lo so. Ovviamente si parla anche del mio Paese e si cerca di indagare alcune dinamiche come quella del declino. Sono sicuro soltanto di non aver avuto mai la possibilità di confrontarmi con una storia così forte e drammatica in cui ho dovuto utilizzare ancora di più il microscopio per analizzare l’animo dei personaggi particolarmente complessi, che rappresentano comunque universalmente le dinamiche più delicate e a volte pericolose della nostra società.