CANNES 67 – Loin de mon père, di Keren Yedaya (Un Certain Regard)

loin de mon pere

Con il suo terzo lungometraggio, la regista israeliana (Caméra d’Or per la migliore opera prima a Cannes nel 2004 con Or; poi, nel 2009, ha realizzato Jaffa) conferma la sua predilezione per figure femminili e racconti familiari densi di tensioni. E il suo sguardo si riconosce immediatamente. 

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loin de mon pereDue personaggi. Un padre e una figlia. Un ambiente quasi unico, il loro appartamento. Un rapporto morboso, e incestuoso, di rifiuto e attrazione, violenza e tenerezza, che si perpetra nel tempo e in quegli spazi angusti. A Tel Aviv, quasi sempre fuori campo, oggi. Un’insistenza tematica che ben si visualizza fin dalla scena d’apertura, con la ragazza, Tami, che si lava i denti con insistenza, a lungo. E che trova nello stile di claustrofobica precisione l’adesione filmica alla storia narrata (tratta da un romanzo).

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Con il suo terzo lungometraggio, la regista israeliana Keren Yedaya (Caméra d’Or per la migliore opera prima a Cannes nel 2004 con Or; poi, nel 2009, ha realizzato Jaffa) conferma la sua predilezione per figure femminili e racconti familiari densi di tensioni. Il suo sguardo si riconosce immediatamente. Colloca i personaggi sempre un po’ a lato delle inquadrature. Si avvicina a loro con movimenti pressoché impercettibili oppure ne mette in rilievo particolari dando alle immagini, ai corpi, alle loro reazioni alle situazioni tese messe in campo, il tempo-durata di espandersi.

Yedaya, con Loin de mon père, radicalizza il suo percorso soprattutto dal punto di vista del soggetto: una relazione che si auto-produce, spezza e drammaticamente ri-compone. La giovane protagonista, inoltre, è bulimica e si procura continue ferite. Cerca la fuga. Verso la spiaggia, dove incontra un gruppo di ragazzi e una donna, Shuli (Yaël Abecassis, splendida attrice israeliana, tra i suoi film anche Kadosh di Amos Gitai), che diventerà confidente e amica, soprattutto con i silenzi e gli sguardi, e la ospiterà nella sua casa. Fughe. Ritorni. Nuove fughe. Una gravidanza che Tami avrà il coraggio di interrompere con l’aiuto di Shuli. Yedaya lavora sui silenzi e si congeda dalla protagonista che, seduta sul letto d’ospedale dopo l’aborto, guarda fuori campo. Forse, finalmente, lontano dal padre.

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