CANNES 67 – Sils Maria. Incontro con Olivier Assayas

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Con Sils Maria, presentato questa mattina alla stampa, Olivier Assayas torna a Cannes: per la quarta volta in concorso, a dieci anni da Clean. Insieme al regista sono intervenute la protagonista Juliette Binoche e la giovane attrice americana Chloe Grace Moretz: i due volti – speculari – di una pièce teatrale che scavalca il palcoscenico

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assayasCon Sils Maria, presentato questa mattina alla stampa, Olivier Assayas torna a Cannes: per la quarta volta in Concorso, a dieci anni da Clean. Insieme al regista sono intervenute la protagonista Juliette Binoche e la giovane attrice americana Chloe Grace Moretz: i due volti – speculari – di una pièce teatrale che scavalca il palcoscenico.

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Per Juliette Binoche: il suo personaggio fa spesso riferimento a come la sua carriera sia cambiata in vent’anni di attività. Nel 1985, in uno dei suoi primi ruoli, è stata a Cannes con Rendez-vous: come trova le giovani attrici di oggi e come ricorda il festival?

È un luogo d’incontro, una casa dove c’è molta consapevolezza del lavoro che svolgiamo. Non vivo nel passato, sono profondamente attaccata al presente, è quello che chiamo verticalità: avere i piedi bene ancorati a terra e sognare nello stesso tempo. Le cose cambiano, evolvono, continuiamo a incontrare nuove storie e nuove persone ed è qui che risiede la magia del cinema.

 

Per Chloe Grace Moretz: cosa ti ha attratta di questo progetto, e come descriveresti il tuo personaggio? 

Il mio primo motivo d’interesse è stato Olivier Assayas: ho visto Carlos, un paio d’anni fa, e me ne sono innamorata. Avrei voluto lavorare con lui, e sono stata molto fortunata a incontrare proprio questo film: profondamente francese, con protagonista Juliette Binoche. C’è qualcosa di particolarmente intimo nel cinema francese rispetto a quello americano: è nuovo, è vivace, mai completamente prendibile.

 

Per Juliette Binoche e Olivier Assayas: ci sono molti momenti in cui il personaggio della Binoche appare estremamente naturale, profondamente esposta, autentica.

Juliette Binoche: Devi avere tantissima fiducia in te stessa e nel regista. Con Olivier abbiamo provato pochissimo, e anche per questo è stata un’esperienza meravigliosa: abbiamo compreso che dovevamo semplicemente calarci nella sceneggiatura insieme. Non cerco l’insicurezza, piuttosto la verità, che è la cosa più incerta e sicura al contempo.

Olivier Assayas: Ci sono attori molto generosi, è innanzitutto una questione di stima. Non abbiamo praticamente provato, come ho iniziato a fare girando L’heure d’été ma soprattutto Carlos, coinvolgendo profondamente gli attori senza rivelar loro cosa sarebbe successo in seguito. Desidero che seguano la loro prima intuizione.

 

sils mariaPer Olivier Assayas: la pièce teatrale portata in scena è firmata da lei? Ne esiste una versione integrale?

Olivier Assayas: Ho solo scritto le parti che vediamo durante il film, il testo è ispirato a Le lacrime amare di Petra von Kant di Fassbinder. Non ho usato la storia specifica bensì la situazione, quindi lo spettacolo teatrale in realtà esiste.

 

Per Juliette Binoche: essere un’attrice e recitare il ruolo di un’attrice ha comportato qualche vantaggio?

Juliette Binoche: Non c’è alcun vantaggio (ride, ndr). Certo, padroneggi l’argomento, e per lo stesso motivo può diventare molto divertente. In realtà quel che mi ha più divertito è stato interpretare un'attrice lunatica, dall’umore cangiante.

 

Per Olivier Assayas: la vicenda è ambientata in un momento preciso – come testimonia la tecnologia: cellulari e computer – ma contemporaneamente tratta un tema senza tempo.

Non avevo intenzione di realizzare un quadro del mondo moderno, ma questo è un aspetto che reputo interessante: ogni personaggio è una sorta di avatar. È stato uno degli stimoli principali a ritrarre un’attrice: hanno una propria vita, fuori dal cinema, e ancora un’altra restituita dai media. Un interprete è quindi tre persone contemporaneamente.

 

Perché ha deciso di girare un film francese in inglese?

Innanzitutto perché è il modo in cui mi sono approcciato al personaggio interpretato da Juliette: mi interessava un’attrice che avesse due carriere parallele, nata in Francia ma diventata una star internazionale. Inoltre mi ha permesso di ampliare la prospettiva del film riguardo ai media: se la stessa storia fosse accaduta nei sobborghi di Parigi, la sua portata sarebbe stata meno universale. Così l’inglese è diventata una scelta ovvia.

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