CANNES 67 – The Search. Incontro con Michel Hazanavicius e Bérénice Bejo

hazanavicius

A tre anni da The Artist, Hazanavicius torna con un’opera sulla guerra in Cecenia del 1999. Quattro destini paralleli che alla fine si intrecceranno. E' il film più impegnativo della sua carriera, costato 22 milioni di euro, e come ha voluto precisare sempre il regista, sorta di remake del melodramma omonimo (uscito in Italia col titolo Odissea tragica) di Fred Zinnemann del 1948. All'incontro, presente anche l'attrice.

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hazanaviciusL’autore di The Artist, torna dopo tre anni in Concorso, con un’opera sulla guerra in Cecenia del 1999. Racconta quattro destini paralleli che alla fine si intrecceranno. Un bambino rimasto orfano che scappa dalla guerra, la sorella maggiore, salva per miracolo, che parte alla sua ricerca, una funzionaria dell’Unione Europea che chiede disperatamente ai Paesi stranieri una linea politica interventista e un giovane soldato russo incattivito dagli eventi. Grazie alla notorietà e al successo ottenuto dal film precedente, Hazanavicius ha potuto realizzare il film più impegnativo della sua carriera, costato 22 milioni di euro, e come ha voluto precisare, sorta di remake del melodramma omonimo (uscito in Italia col titolo Odissea tragica) di Fred Zinnemann del 1948. All'incontro, presente anche una delle protagoniste, l’attrice francese Bérénice Bejo

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Cosa l’ha spinta a voler realizzare The Search?
Michel Hazanavicius: Il progetto è nato nello stesso periodo di The Artist, ma all’epoca ho optato per questo film in bianco e nero, e grazie all’attenzione internazionale che mi ha regalato, sono riuscito a finire The Search. Cinema completamente diverso, ma ciò che mi interessa sempre è regalare emozioni. Quindi anche se questo film è più politico, le mie intenzioni restano sempre uguali. Ho scelto questa storia e questo scenario, perché il cinema non si era ancora interessato direttamente alla guerra in Cecenia.
 
 
Cosa pensa di questa guerra?
Michel Hazanavicius: Come per tutte le guerre nel mondo, la cosa che più mi colpisce è l’indifferenza che abbiamo per tali tragedie. In partenza avrei dovuto girare un documentario sui genocidi in Rwanda, ma poi non se n’è fatto più nulla, per mancanza di fondi, che poi sono arrivati grazie agli incassi di The Artist. A quel punto avevo già però intrapreso una nuova strada.
 
 
Il film si ispira alla pellicola omonima del 1948, di Fred Zinnemann e non tanto ad altri titoli sull’argomento, più risonanti, come Germania anno zero o Giochi proibiti. Perché?
Michel Hazanavicius: Ho conosciuto il film non molto tempo prima di prendere in considerazione questo soggetto. L’ho trovato subito giusto per la mia idea di base, soprattutto nelle parti più documentaristiche, come la voce fuori campo, la musica. Un melodramma che ho preso come punto di riferimento, ma su cui ho lavorato molto liberamente nell’adattazione. Altre fonti di ispirazioni importanti per me sono state Full Metal Jacket e il romanzo di Primo Levi Se questo è un uomo.
 
 
È la sua opera più onerosa. È stato difficile trovare i soldi necessari?
Michel Hazanavicius: Solo grazie a The Artist ho potuto procedere. All’inizio pensavo di fare un piccolo film, ma il successo del mio precedente film, ha cambiato le carte in tavola. Per ammortizzare i costi ho girato anche tra la Bulgaria, il Caucaso e la Romania e ciò mi ha permesso di finire in 14 settimane di riprese e sei mesi di preparazione.

 

Ci può parlare del suo ruolo?
Bérénice Bejo: L’ho trovato un ruolo estremamente importante, perché il personaggio è una donna che non è affatto un eroe della storia, bensì una persona vera. Sono orgogliosa di aver lavorato con Michel, perché è un film che parla di rinascita.

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