Cannes 76 – The Old Oak. Incontro con Ken Loach e il cast
A poche ore dalla cerimonia di premiazione della 76esima edizione del Festival di Cannes, si è svolto l’incontro con il regista britannico e il cast del film
L’ultima fatica del regista britannico, tra i papabili vincitori della palma d’oro, è stata presentata nella giornata di ieri e per molti sarà l’ultimo lavoro di Loach.
Quando gli si chiede se è pronto a ricevere la terza palma d’oro della sua carriera (sarebbe un record) Loach risponde così:
“Ci sono due risposte a questa domanda. La prima risposta è che il premio l’ho già ricevuto avendo la possibilità di presentare il mio film qui a Cannes, in questo ambiente incredibile. La seconda risposta è che il premio che bramo maggiormente è quello del Palm Dog… quest’anno forse non siamo tra i vincitori ma abbiamo sicuramente una menzione speciale.”
The Old Oak riprende i temi sociali tanto cari al regista di Sorry We Missed You, tratteggiando l’affresco di una città mineraria del Nord-est inglese, teatro di profondi conflitti tra i locali e dei profughi siriani appena arrivati. Loach racconta alla stampa la genesi del progetto.
“Abbiamo iniziato a lavorare ad The Old Oak una volta entrati in contatto con una zona come quella del nord est britannico, con un grande passato industriale e oggi completamente abbandonata, forse una delle più depresse del paese. In questa aerea abbiamo concentrata in percentuale la maggior quantità di profughi siriani all’interno del nostro paese. Eppure questa realtà è quasi nascosta perché la percentuale di immigrati siriani impiegati nelle industrie inglesi di questa zona è la minore del paese. com’è possibile tutto questo? Perché il governo non vuole che si conosca questa realtà. Perciò, io e Paul abbiamo pensato che ci potessero essere le basi per un film.“
L’eredità del cinema di Loach è uno dei temi più caldi all’interno del confronto con la Stampa. The Old Oak è stato presentato come il suo ultimo film e al regista britannico si chiede se una nuova generazione di registe e registi internazionali possa raccogliere, attraverso nuovi stimoli e nuove esigenze sociali, il testimone del suo cinema.
“Per me, realisticamente, sarebbe difficile fare di nuovo un film, la memoria a breve termine si affievolisce e la mia vista è piuttosto malandata, quindi è piuttosto difficile, però io vivo un giorno alla volta. Se ti alzi la mattina e non sei nella colonna dei necrologi è già un grande successo, un giorno alla volta…
Per quanto riguarda una nuova generazione di registi con diversi stimoli rispetto al passato, credo che le persone appartengano alla loro epoca. Io sono cresciuto negli anni ’60 e sono stato forgiato dalla mentalità di quel tempo, dalla politica del tempo, dal cinema di quegli anni: io in particolare dal Neorealismo italiano e dal cinema polacco e ceco.
Registi, attori e produttori, oggi hanno le stesse problematiche di un tempo ma le riescono ad esprimere in maniera diversa. Dopodiché, non spetta ai registi e agli scrittori decidere se possono fare film; ora le porte si stanno chiudendo ai giovani che vogliono affrontare le questioni del loro tempo con una comprensione politica e non semplicemente sociale. Questa è una grande differenza, perché la comprensione politica significa sfidare chi ha il potere. Perché chi è al potere con i soldi, quando il suo sistema sta fallendo, dovrebbe sostenere i film che dovrebbero sfidarlo? I cineasti non possono più operare in uno spazio sicuro per esprimere le loro preoccupazioni sulla società. Questo è il problema.”
All’interno del confronto con la stampa c’è tempo anche per la risposta di Loach ad una domanda polemica legata all’estromissione dei sindacati dal festival di Cannes. Al regista viene chiesto se si senta in conflitto con la decisione presa dalla direzione della Croisette.
“Si, ovviamente mi sono incontrato con i sindacati appena arrivato a Cannes. Ci incontreremo anche nei prossimi giorni. Le estromissioni delle proteste sindacali non sono certo una novità. Se ci rifiutassimo di parlare ad ogni occasione di questo tipo, non potremmo parlare a tante persone. Al momento così stanno le cose, però possiamo sperare in un mondo migliore, dove non esitano queste estromissioni, perché la democrazia si regge sulla capacità di ascoltare l’opinione altrui e sull’informazione. In questo senso, credo che ottenere un’informazione libera, incontaminata, sia un passo difficile da raggiungere ma fondamentale.“