Cannes 78 – Highest 2 Lowest. Incontro con Spike Lee e il cast

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Il regista newyorkese ha raccontato i retroscena del suo ultimo film, insieme agli attori Jeffrey Wright e Ilfenesh Hadera, cogliendo anche l’occasione per parlare di sport e politica

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Spike Lee torna a Cannes a quattro anni dall’edizione del 2021, che lo vide presidente di giuria, e lo fa con Highest 2 Lowest, remake (da Ed McBain) di Anatomia di un rapimento di Akira Kurosawa ambientato nel mondo della musica e retto dalla performance di Denzel Washington nel ruolo di un potente produttore.

Ma cosa ha spinto il regista di Brooklyn a lavorare ad una sua versione del classico kurosawiano?

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Quando ero uno studente alla scuola di cinema della NYU – ha risposto Lee – sono stato introdotto al cinema di Akira Kurosawa, e da allora ho sempre avuto il desiderio di riproporre quella storia che mi era tanto piaciuta. Per anni, tuttavia, non ho potuto realizzarla perché il progetto è passato per le mani di diversi registi, che avevano sviluppato ognuno il proprio copione. Il mio lo avevo scritto tanto tempo fa e quando ho saputo di aver ottenuto l’ok, ho rimesso mano al progetto e ho chiamato Denzel, con il quale condividevo questo grande desiderio

A Jeffrey Wright, che nel film interpreta Paul, il più caro amico del protagonista David, presente anch’egli all’incontro insieme all’attrice Ilfenesh Hadera, viene invece chiesta la sua opinione riguardo la sua prima esperienza su un set di Spike Lee. La risposta data dall’attore è un’occasione per mettere in mostra la straordinaria cultura dell’autore, considerando anche la sua importanza all’interno della comunità afroamericana.

Spike lee

Dice Wright: “Ho vissuto nello stesso quartiere di Spike, ma stranamente non ho mai avuto l’opportunità di lavorare con lui. Il nostro primo incontro è avvenuto al museo di Brooklyn, in cui era stata allestita una mostra a cui lui stesso ha collaborato. Lì mi ha fatto capire il suo incredibile retroterra culturale, facendomi vedere dei pezzi unici della sua collezione di manufatti, come le fotografie a Muhammad Ali e una bandiera sudafricana con la firma di Nelson Mandela. In poco tempo ho capito di trovarmi di fronte ad una delle voci di maggior rilievo della comunità black nel mondo.”

Ha voluto condividere le proprie emozioni anche Ilfenesh Hadera, che riguardo lo scambio di idee tra il regista e gli attori ha affermato: “Spike si è dimostrato piuttosto aperto a ricevere le nostre opinioni sul set, anche se aveva sempre ben chiara la sua idea su come avrebbe dovuto essere il film. Ho subito avuto l’impressione di star lavorando con un autore la cui cifra stilistica era immediatamente riconoscibile.”

Ilfenesh Hadera Cannes

C’è stato anche il tempo per un piccolo siparietto sull’NBA, che ha visto Spike Lee al centro di un piccolo battibecco con una giornalista di Chicago, che gli ha “rinfacciato” i 6 campionati vinti da Michael Jordan durante il suo leggendario periodo ai Bulls, affermazione alla quale il regista (tifosissimo da sempre dei New York Knicks) ha risposto, sottolineando l’appartenenza alla Grande Mela di alcuni importanti sportivi statunitensi: “Michael Jordan è nato a Brooklyn, così come anche Mike Tyson. Tutta questa gente che ha fatto cose straordinarie viene da New York.”

Il rapporto con la Croisette è stato anch’esso oggetto di una delle domande dei giornalisti, a cui Lee ha risposto evidenziando come il Festival di Cannes sia sempre stato per lui una sorta di “posto sicuro” nei primi anni di carriera, in contrapposizione con la dura accoglienza riservatagli in patria alle sue opere: “Sin dai tempi di Fa’ la cosa giusta (1989), la mia prima partecipazione al festival, ho sempre vissuto dei bei momenti qui a Cannes, ma lì, dall’altra parte dell’oceano, ho subìto minacce – apertamente razziste – da parte di persone che non volevano che il mio film venisse proiettato nei cinema. Ciò mi ha motivato ulteriormente a proseguire la carriera da cineasta, che nel tempo mi ha fatto apprezzare sempre di più questo festival.”

Jeffrey Wright

Riguardo il film, il regista ha anche rivelato alcune influenze stilistiche importanti, oltre a delle tematiche fondamentali di cui si fa portatore il personaggio di Denzel Washington.

Ricorda Spike Lee: “Oltre naturalmente a Kurosawa, abbiamo tratto ispirazione da altre opere significative girate a New York, come Il braccio violento della legge, che arriviamo a citare durante una scena che ha luogo in metropolitana. Inoltre, nel film Denzel dice questa frase, “i soldi non sono tutti buoni”, che pone il suo personaggio in un dilemma morale, ovvero quello di scegliere tra i soldi, appunto, e l’amore per l’amico di una vita.”

L’ultimo giro di domande riguarda la difficoltà economico-produttiva di girare Highest 2 Lowest a New York, problematica che solleva il dibattito sullo stato attuale dell’industria cinematografica a stelle e strisce.

Dietro l’industria non ci sono solamente i registi e gli attori – dice Jeffrey Wright a questo proposito –  ma anche un intero esercito di elettricisti, autisti, carpentieri e decine di altri professionisti che sostiene tutto quanto e fa sì che i film si realizzino. Ma la cosa più importante di tutte è che l’intero sistema cinema in America ha bisogno di regolamentazioni che al momento non ci sono.”

Spike Lee ragiona invece sui danni compiuti dall’amministrazione Trump sull’industria cinematografica: “Francamente quando guardo alla situazione politica in casa nostra, e vedo quello che ha intenzione di fare il “fenomeno” che sta alla Casa Bianca, cioè, porre delle tariffe del 100% sui film esteri, non so dove l’industria cinematografica americana possa andare a parare.”


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