#Cannes2016 – Mademoiselle, di Park Chan-wook

Torna in Concorso Park Chan-wook adattando liberamente “Ladra” di Sarah Waters. Materia bollente, condita da tanti umori di genere e citazioni evidenti, in una cura formale impeccabile e asfissiante.

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Il cinema di Park Chan-wook è diventato incredibilmente “innocuo”? Si perché questa affascinante Mademoiselle non sciocca più di tanto, non emoziona più tanto, non coinvolge più di tanto…anche quando si addentra nel mistero, nel melodramma, nell’eros, nelle sontuose dimore del “passato” coreano. Ecco, Park Chan-wook torna in concorso a Cannes con un meodramma/thriller dalle forti sfumature erotiche e ci dimostra per l’ennesima volta di saper dominare straordinariamente un set da big production, immergendoci nelle sue immagini con carrelli, zoom e soggettive e beandosi di una regia che sa di essere “bella”…  alla fine, però, questa montagna non solo partorisce il famoso topolino ma lo confina anche in una gabbia dorata dalla quale proprio non si evade mai.

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Andiamo con ordine. Park adatta il romanzo Ladra di Sarah Waters spostando l’ambientazione dalla Londra di fine ‘800 alla Corea degli anni ’30, in piena dominazione nipponica, quando una ricca e bellissima donna giapponese (Hideko, che dimostra da subito qualche problema psichico) assume una giovane ragazza coreana (Sooke) come dama di compagnia. C’è un piano ben orchestrato dietro l’arrivo di Sooke: un ambizioso uomo d’affari (un Conte) vorrebbe sposare Hideko ed ereditarne la fortuna, mentre nelle viscere del palazzo brulicano i segreti del vecchio zio che costringe la nipote a non lasciare mai la tenuta. E questo è solo l’inizio: tanti intrighi si susseguiranno in una trama fittissima che esplode solo nei momenti di contatto fisico ed emotivo tra Sokee e Hideko: la loro relazione pian piano si fa carnale e fisica spezzando per pochi frame la sterilizzata atmosfera della big house in stile british.

Materia bollente pertanto, condita da tanti umori di genere (dal mélo all’horror gotico) e tante citazioni evidenti (Hitchcock, Leone, Scorsese, Kurosawa) in una cura formale impeccabile e asfissiante. Insomma dove sono finiti i dilemmi morali di Mr. Vendetta e la rabbia esplosiva di Old Boy, le ferite nell’anima di Lady Vendetta e persino il candore artificiale di I’m a Cyborg, but That’s Ok? Mademoiselle anestetizza un soggetto di fuoco trascinandosi stancamente verso una risoluzione perfetta e lasciandoci solo un ricco catalogo di belle immagini che si accavallano intasando lo sguardo. Tutto sfuma via. Il cinema di Park Chan-wook, stavolta, ha ben poco da (ri)vendicare.

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