#Cannes2016 – Pedro Almodóvar, “la mia Julieta figlia del Technicolor”

Pedro Almodóvar torna in concorso sulla Croisette con una storia che tiene insieme tre racconti della scrittrice canadese premio Nobel Alice Munro, reinventati in salsa spagnola. La conferenza stampa

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Pedro Almodóvar torna a Cannes in Concorso, e ci tiene a far subito sapere alla stampa che “se proprio devo essere qui, mi diverte molto di piu’ partecipare al Concorso, tanto in competizione il tuo film lo sara’ comunque, con i media, la critica, con gli spettatori.”
Julieta e’ un progetto figlio di tre storie della scrittrice canadese Premio Nobel Alice Munro, e contenute nella raccolta In Fuga. Per Almodóvar , Munro e’ un’artista casalinga, “proprio come me!”, scherza.

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“Avevo la voglia di realizzare un film tutto ambientato all’interno di un treno, alla Hitchcock, mi intrigava la sfida formale. E dentro In Fuga Munro descrive una magnifica scena dentro un vagone.” Da li e’ partito il percorso dell’autore verso l’adattamento della prosa cosi legata alle peculiarita’ del Canada di Munro, trasferita nella Spagna cara ad Almodóvar. “All’inizio volevo girare in inglese, a New York. Ma alla fine ho concentrato tutte e tre le storie su di un unico personaggio che le tiene insieme, appunto Julieta, e ho aggiunto a tutto quell’ottica cosi tipica della nostra cultura della famiglia, molto diversa da quella dell’indipendenza dei figli nel mondo anglosassone. In Spagna il cordone ombelicale non si spezza mai, neanche quando vai a vivere da solo. Ed e’ a questo punto che ho capito che l’idea di Bunuel di avere attrici diverse per lo stesso ruolo avrebbe funzionato. D’altra parte non sono mai stato molto fedele quando ho lavorato a degli adattamenti….”

E cosi Almodóvar e’ tornato a visitare un universo mai davvero abbandonato, quello femminile, delle donne e delle madri: “Julieta e’ la madre piu debole e vulnerabile di tutte quelle che ho ritratto nella mia filmografia. Le altre sono tutte donne forti mentre lei e’ una vittima delle perdite affrontate nella sua vita, e finisce nell’ultimo frammento per essere una specie di zombie, senza speranza e senza direzione. Mentre negli anni ’80 e’ una sorta di rappresentazione delle donne libere del decennio, molto diverse dalle donne risolute dei nostri giorni.”
Almodóvar si dice “figlio del Technicolor”, cresciuto con i colori vivi e contrastati del cinema della sua infanzia, sposato al suo amore per il pop anni ’60, tutto in qualche modo in risposta al lutto che sua madre vestiva nel periodo in cui il piccolo Pedro venne al mondo: “il nero e’ un colore bellissimo ed elegante soltanto quando non ti viene imposto”.

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