#Cannes2017 – I 120 battements par minute di Adèle Haenel e Robin Campillo

Il regista ed il cast hanno presentato oggi uno dei film francesi selezionati per il concorso di questa edizione. Una storia che ripercorre gli albori della lotta all’AIDS a Parigi

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E’ stato presentato oggi a Cannes uno dei titoli francesi selezionati per il concorso di questa 70esima edizione. Si tratta di 120 battements par minute, film diretto da Robin Campillo, nome celebre soprattutto per essere lo sceneggiatore di fiducia di Laurent Cantet, ed interpretato dalla lanciatissima attrice francese Adèle Haenel. La pellicola ripercorre le vicende degli albori negli anni ’90 del gruppo di militanti di Act Up-Paris, movimento che nella capitale francese iniziò una battaglia per sensibilizzare la politica alla lotta contro l’AIDS e di cui lo stesso Campillo fece parte: “Io ero un militante negli anni ’90 e avevo già pensato di fare un film sugli anni ’80 e l’inizio di Act Up, ma non sapevo bene come farlo. Recentemente ho avuto la sensazione di poterlo fare ed ho preso questa decisione folle, sebbene avessi in ballo un altro progetto fantascientifico. Ammetto che ero molto impaurito dall’idea di affrontare di nuovo questo argomento che per me ha significato così tanto. Ed effettivamente il regista ha attinto da tutta la sua esperienza sul campo per ricreare in forma cinematografica quel clima di comunità e lotta militante che aleggia in continuazione nel film. Per farlo era necessario includere parecchi attori sul set e gestire rapidamente i tanti spostamenti che questi potevano creare: “Ho speso molto tempo a fare il casting, per trovare la combinazione giusta affinché tante persone potessero funzionare sul set. E’ anche importante avere differenti tipi di recitazione a disposizione quando si tratta di un progetto così corale. C’erano tre macchine da presa per alcune scene in modo che gli attori potessero sentirsi liberi di esprimersi al meglio. Noi avevamo un testo ben scritto a cui attenerci però con così tanti attori poteva esserci anche l’imprevisto. Io ed il mio direttore della fotografia abbiamo lavorato molto velocemente per evitare il disastro di dover ripetere le scene”.

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120 battitit, dunque, per affrontare questo tipo di esperienza registica ha dovuto lavorare molto sul gruppo, cosa che ha richiesto giorni di prove e di conoscenza reciproca come ha voluto sottolineare Adèle Haenel, interprete che da subito ha voluto sostenere il progetto: “Quando mi hanno proposto questa parte io ho risposto subito di sì perché ero veramente entusiasta del mio personaggio. Ammetto però che è stato molto difficile recitare con tante persone in una stanza” ha poi successivamente aggiungo “Ognuno ha avuto modo di parlare esprimendo la propria singolarità così che ogni persona nel film sia irriproducibile ed unica. E questa è la forza più grande di questo progetto. Abbiamo dovuto lavorare molto come gruppo e non è stata una cosa facile. Le relazioni di ognuno di noi non erano uguali con quelle delle altre, così come le esperienze”. Per far emergere al meglio questi aspetti si è deciso di operare sul modello teatrale secondo la visione di Campillo che si è sorpreso del modo in cui lo hanno recepito gli attori: “Le persone dovevano sembrare veramente arrabbiate per quello che stava succedendo ed allo stesso tempo spaventate. Quando abbiamo iniziato a girare abbiamo chiesto a tutti di esprimere questa rabbia poi ci siamo resi conto che tutti erano veramente arrabbiati per ciò di cui si stava discutendo e questo è un modo di approcciarsi puramente teatrale“.

Il film ha raccolto parecchio entusiasmo tra i giornalisti che hanno avuto occasione di partecipare alla prima stampa soprattutto per il modo in cui si è approcciato alla maniera in modo attuale, cosa che è stata fortemente voluta dallo stesso regista: “E’ molto importante in questo periodo storico che le persone si sentano libere di poter parlare. Anche durante gli incontri che facevamo tutti potevano dire cosa pensavano ed era gioioso e tragico allo stesso tempo, come è anche possibile vedere nel film. Il presidente dell’associazione andava in TV a parlare ma la gran parte della società non riusciva ben a capire cosa stava realmente succedendo. E’ molto difficile movimentare le persone soprattutto se si combatte per dei diritti alcune minoranze, come in questo caso i gay. Ma in questo caso centinaia di persone venivano agli incontri perché avevano bisogno di essere coinvolte in qualcosa, di combattere. Il mio obbiettivo con questo film è ricordare come un gruppo di persone insieme ha creato una reazione politica ad un argomento e provare a mobilitare la società anche oggi, anche se è molto difficile“.

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