#Cannes2017 – La hijas de Abril, di Michel Franco

Non detestabile come Chronic, ma quello del regista messicano appare un film completamente asettico, che per ‘ricchezza narrativa’ potrebbe richiamare le soap anni ’80. In Un certain regard

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La morte, la nascita. Se la prima aveva attraversato Después de Lucia (con cui il cineasta messicano Michel Franco aveva vinto il Premio Un certain regard a Cannes nel 2012) ed era diventato elemento centrale in Chronic (il più brutto film del concorso del 2015 che era stato comunque premiato con la miglior sceneggiatura), la nascita invece diventa l’elemento di una guerra famigliare in questo nuovo La hijas de Abril.

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La diciassettenne Valeria vive a Puerto Vallarta con la sorella Clara ed è incinta. Della sua gravidanza non vuol far sapere nulla alla madre, che è da tempo assente. Ma per fronteggiare la difficile situazione economica, Clara decide di chiamarla. Appena la donna arriva sembra voler aiutare le figlie. Ma dopo il parto il suo atteggiamento cambia completamente.

la hijas de abril michel francoLe trame dei film di Michel Franco potrebbero essere adatte anche per degli incalzanti horror familiari. Ma in realtà l’esibito autocompiacimento formale le svuota quasi completamente. Il regista messicano rappresenta infatti uno dei misteri più inspiegabili delle ultime scoperte del Festival di Cannes, che lo sta allevando come un autore del futuro. Se il precedente Chronic era detestabile proprio per quella chirurgia asettica della messinscena che filmava i malati terminali come se fossero parte del décor, qui fortunatamente non si spinge fino a tanto. Chiaramente il suo è un cinema di scrittura, che accumula i momenti forti. Qui sono così tanti che tendono a sovrapporsi e quindi ad annullarsi. C’è il rapporto tra la madre e la figlia che sembra volerle rubare la sua giovinezza per riviverla, la posizione spiazzante delle due sorelle, il ruolo del fidanzato di Valeria. Sullo sfondo del rumore del mare dove Puerto Vallarta è mostrato come spazio totalmente anonimo a meno che Franco sia alla ricerca di facili simbologie tipo spiaggia-mare-acqua-nascita.

Poteva essere anche un film di guerra tra genitori e figli. Franco attraversa tutti questi temi come se stesse surfando e ci passase sopra. Gli scontri (Valeria che si scaglia contro la madre dopo che ha firmato per l’adozione) hanno una consistenza da pura telenovela anni ’80. Qui compressa nei 103 minuti. Ma all’epoca ci si poteva andare avanti per una stagione. E l’inquadratura finale sul volto di Valeria potrebbe far pensare a un impossibile sequel.

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