#Cannes2018 – Arctic, di Joe Penna

Survival movie estremo e senza dialoghi, interamente girato al Polo Nord. Interpretazione fisica e spirituale di Mads Mikkelsen.

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Un uomo in mezzo ai ghiacci. Scava il terreno. Attraversa lande desolate e accecanti. Pesca con mezzi rudimentali. Si addormenta e si sveglia seguendo un cronometro. Dorme nel relitto di un aereo precipitato di cui – presumibilmente – era il pilota. Si chiama Overgard ma non parla mai. Con il cannocchiale osserva il paesaggio, forse confidando di vedere i soccorsi sopraggiungere e venirlo a salvare. Durante una bufera un elicottero sembrerebbe averlo avvistato, si avvicina ma poi precipita rovinosamente. Di quell’equipaggio sopravvive il copilota, una donna dai tratti asiatici. Overgard si prende cura di lei. Poi decide di caricarsela e raggiungere a piedi il campobase. E inizia una via crucis ai limiti della resistenza umana.

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Sembra quasi una versione di All is Lost ambientata al Polo Nord questo Arctic. Il brasiliano Joe Penna, filmaker indipendente e multimediale, alla sua opera prima decide di cimentarsi con un survival movie molto asciutto e quasi completamente privo di dialoghi e di comunicazioni tecnologiche. Se l’impianto drammaturgico è al grado zero, quello estetico sprigiona una potente e drammatica qualità visionaria. Penna alterna campi lunghi e sospensioni contemplative, a improvvise full immersion cariche di una fisicità quasi insostenibile. Lo aiuta l’interpretazione ruvida e terminale di Mads Mikkelsen, il cui volto sembra davvero trasfigurare una dimensione ieratica del dolore. L’attore danese subisce e reagisce agli elementi. E il paesaggio fa da contrappunto inerte e violento a una parabola di sopravvivenza metaforica e spirituale. Non c’è infatti la fascinazione ecologista di altre variazioni sul tema, ma semmai emerge il pessimismo herzogiano di un accordo impossibile tra uomo e natura. L’essenzialità e la semplicità del progetto funziona perfettamente sia come action documentaristico, sia come contenitore di chiavi interpretative dal sapore universale. Per riscoprire la sua umanità l’uomo deve tornare a essere niente? Arctic parla della fine del mondo o della fine dell’uomo?

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