#Cannes2018 – Les confins du monde, di Guillaume Nicloux

Un cuore di tenebra materico e febbrile ambientato durante la guerra in Indocina del 1945. Quinzaine de realizateurs.

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Alla fine della Seconda guerra mondiale la Francia era impegnata a ristabilire l’ordine in Indocina e a riconquistare la regione del nord invasa dai giapponesi. Anche il movimento indipendentista guidato da Ho Chi Minh cominciava a prendere forma nella giungla, iniziando una serie di imboscate contro le truppe transalpine che avrebbe generato nel 1946 lo scoppio della Guerra d’Indocina. Il nuovo film di Guillaume Nicloux prende le mosse da questo contesto e si svolge tra il ‘45 e il ‘46. Il soldato Robert Tassen (Gaspard Ulliel) è l’unico sopravvissuto a un crudele massacro in cui ha visto morire anche il fratello. Inizia a covare come unico obiettivo quello della vendetta. Si fa riassegnare nel più sperduto avamposto a contatto col nemico e inizia a dare una caccia ossessiva a Vo Binh, il leader della ribellione responsabile dell’esecuzione. Contemporaneamente conosce la prostituta Mai, con la quale instaura una relazione intensa e distruttiva. Per lui la guerra diventa presto un biglietto di sola andata verso la brutalità e la perdita della ragione.

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Nicloux immerge questo suo anomalo film di guerra in una materia fatta di sangue, carne e terre selvagge. Ritorna su tematiche già ampiamente battute dal cinema. C’è ovviamente l’Apocalypse Now di Coppola, ma anche Aguirre di Herzog e piccole tracce dello Scorsese di Silence. Le scene d’azione sono ridotte a improvvise imboscate scandite da pallottole sibilanti che trafiggono gli uomini, come fossero i rapidi contrappunti ineluttabili di una danza macabra.  Del resto emerge soprattutto una violenza “morta” che assume contorni onirici molto efficaci. Anche perché, nonostante il suo linguaggio classico e “scritto”, il regista francese riesce comunque a sollecitare i sensi e sembra di respirare ogni elemento del film: l’odore del sesso e della morte, il sapore della follia, la carica allucinatoria della giungla vietnamita. I confini del mondo sono soprattutto quelli, ampiamente oltrepassati dallo sguardo e dal corpo nervoso e martoriato di Gaspard Ulliel, quasi una reincarnazione dell’oscurità dell’anima e dell’umanità. “È impossibile liberarsi del dolore” ammette lo scrittore interpretato da Gerard Depardieu, l’alter ego del regista e il cronista morale di una riflessione nichilista sulla vendetta e sul colonialismo che continua a essere politicamente e cinematograficamente attualissima.

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