“Capodanno a New York”, di Garry Marshall

capodanno a new york
Oggi Garry Marshall, con i suoi quasi ottant’anni, è l’incarnazione di Hollywood, sguardo organico di un’industria che sogna, ancora, l’eterna giovinezza. Per questo alla sua corte accorrono tutti, dai vecchi ai giovani, da De Niro ad Ashton Kutcher, non più semplice promessa, ma volto tra i più vivi e vissuti, corpo in perenne maturazione e approfondimento. E, soprattutto, riappaiono i fantasmi di un altro cinema, due ragazzi di un tempo come James Belushi e Matthew Broderick. Uno rimette a posto un ascensore. L’altro pretende che tutto funzioni a dovere, Sì, il cinema deve replicare il suo incanto

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capodanno a new york
For auld lang syne, my dear
For auld lang syne,
We’ll tak a cup o’ kindness yet
For auld lang syne!
 
 Appuntamento a Capodanno. Garry Marshall riprova a intrecciare i destini in un grande racconto corale, che sappia unire il lusso stellare alla scintillante e magnifica superficialità di un cinema capace di entrare nei cuori, solo guardandone i riflessi e gli imprevisti movimenti. Tutto, qui, ruota intorno alla festa dell’ultimo dell’anno a Times Square, promessa di nuove possibilità e speranze. E a controllare che tutto vada come deve andare c’è Claire Morgan (Hilary Swank), la cui impacciata inesperienza è già di per sé garanzia di qualche intoppo. Dopo aver attraversato Los Angeles in Appuntamento con l’amore, Marshall ridisegna la mappa emotiva di New York secondo le coordinate sentimentali di un romanticismo fuori dal tempo. E soprattutto fuori da ogni crisi, nonostante gli spettri che covano nell’anima e si affacciano all’orizzonte. La depressione latente di Ingrid (Michelle Pfeiffer), dimessa impiegata che sogna di dare una scossa alla sua vita. La malattia terminale di Stan Harris (De Niro), padre lontano e distratto di Claire, che non chiede altro di rimettere i suoi peccati e i suoi errori. La ferita aperta di Laura (Katherine Heighl), sedotta e abbandonata dalla grande star Jensen (Jon Bon Jovi). O anche la delusione sentimentale della giovane Hailey (Abigail Breslin), che già sembra ricalcare le sfortunate orme della madre divorziata, una Sarah Jessica Parker che, in verità, ha un principe azzurro ad attenderla. Ecco. Il mondo brucia e fa male, ma a New York, a Capodanno, il travaglio di un parto dura lo spazio di un respiro e tutte le crisi si risolvono nel giro di una notte, o meglio nel batter d’occhi di una scena o di un frame. E tener fuori la crisi vuol dire imporre l’urgenza di perfezione del racconto e della macchina spettacolare, oltre le crepe e le falle della storia, grande o piccola che sia.
 
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capodanno a new york
E’ per questo, in fondo, che Capodanno a New York non ha l’esigenza di raggiungere le stesse vertigini di Appuntamento con l’amore, con quel doppio fantasma di Shirley MacLayne, che attraversava mezzo secolo di cinema e di vita. Marshall, pur regalando ancora momenti di autentica emozione (il discorso di Claire, la canzone di Jon Bon Jovi, duettata a distanza dalla corista Elise, l’appuntamento a distanza tra Halle Berry e il marito in missione), qui rinuncia alla densità nascosta delle storie. Le sfiora appena e passa da un personaggio all’altro con la consapevole e sapiente leggerezza di chi tesse le sue trame. Come diventa evidente nel momento sublime in cui Josh Duhamel incrocia Hilary Swank, punto visibile di svolta, in cui tutte le supposizioni saltano e si tracciano altre direzioni e nuovi rapporti. Il tutto conta più della parte. Capodanno a New York porta all’estreme conseguenze quanto già si era intuito in precedenza. Oggi Garry Marshall, con i suoi quasi ottant’anni, è l’incarnazione di Hollywood, sguardo organico di un’industria che sogna, ancora, l’eterna giovinezza. Per questo alla sua corte accorrono tutti, dai vecchi ai giovani, da De Niro, che muore fuoricampo, ad Ashton Kutcher, non più semplice promessa, ma volto tra i più vivi e vissuti, corpo in perenne maturazione e approfondimento, come già magnificamente intuito da Ivan Reitman. E, soprattutto, riappaiono i fantasmi di un altro cinema, due ragazzi di un tempo come James Belushi e Matthew Broderick. Uno rimette a posto un ascensore. L’altro pretende che tutto funzioni a dovere. Sì, il cinema deve replicare il suo incanto, come la palla di Times Square. Incepparsi, tentennare, sarebbe come venir meno alla propria missione di amore, vita e speranza. Se qualcosa non va, si può sempre inventare un personaggio che rimetta le cose a posto. Un Kominsky, Hector Elizondo, perenne deus ex machina di Marshall, che mandi avanti lo spettacolo e, finalmente, dopo tanti ruoli da comprimario, venga a prendersi la ricompensa che gli spetta. Essere il padrone del tempo. E affermare, per una volta ancora, l’idea sogno di Truffaut. “I film vanno avanti come treni, capisci, come treni nella notte”. Specialmente a Capodanno.
 
Titolo originale: New Year’s Eve
Regia: Garry Marshall
Interpreti: Hilary Swank, Robert De Niro, Ashton Kutcher, Zac Efron, Michelle Pfeiffer, Katherine Heigl, Jon Bon Jovi, Jessica Biel, Sarah Jessica Parker, Abigail Breslin, Halle Berry, Josh Duhamel, Lea Michele, Hector Elizondo, Sofia Vergara, Carla Gugino,
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 125'
Origine: USA, 2011

 

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    5 commenti

    • siete davvero impazziti. Ma forse lo fate apposta, dai ditelo che scherzate questa è una delle più grosse ciofeghe dell'anno

    • Bravo Aldo, sono contento di vedere che c'è qualcuno che non si omologa su posizioni di massa e prova a difendere, anche con una sorta di provocazione, i cinepanettoni (che poi in realtà questo non lo è).

    • Non capisco di quale cinepanettone parlano, questa è una commedia ariosa e sensibile, di una leggerezza commovente e matura. Sapere da voi che il regista ha ottanta anni mi sorprende. Si gli attori sono tutti perfetti, ma ci vuole ungran regista per tenere tutti gli ingredienti al posto giusto!

    • ma ciofeca non si scrive con la c? o è una differenza da nord a sud tipo figa / fica?

    • Stefano Falotico

      Complimenti Aldo, per la tua splendida, entusiastica recensione.
      Lo snobismo di certa Critica, sta ovattando il Cinema, e lo sta "ammansendo" ad "adamantino ammenicolo" per il cinismo di massa.
      Ho anche fortemente appoggiato il tuo scritto, in una mia playlist, apparsa su "FilmTv.It", con tanto di doverosi ringraziamenti e citazione.