CAPRI/HOLLYWOOD. Mandela: Long Walk to Freedom, di Justin Chadwick
Presentato al festival Capri/Hollywood, prodotto da Harvey Weinstein, è un lungo viaggio di quasi due ore e mezza sulla vita di Madiba che assomiglia a una celebrazione un po’ didattica, da grandi masse cinematografiche. L’uso della musica è massiccio, quasi violento. Il protagonista Idris Elba racconta come ha affrontato questo ruolo così importante
Una vita troppo immensa, troppo significativa per raccontarla in un film? Parliamo della vita di Madiba, Nelson Mandela. L’uomo che ha di fatto cancellato l’apartheid in Sudafrica. Divenendone il presidente dopo ventisei anni di prigione feroce, di umiliazioni, di annientamento fisico e morale.
Ogni uomo sulla faccia della Terra ha una sua idea di Mandela. La sua battaglia contro l’apartheid è leggenda. Ed è storia. La sua vita ha significato il riscatto per milioni di sudafricani. E una speranza per chi è umiliato, discriminato, schiacciato a causa del colore della pelle. Il film che traccia il racconto della sua vita, autorizzato dallo stesso Mandela, quando era in vita, è stato presentato martedì scorso, in anteprima italiana, al festival “Capri Hollywood”.
Mandela: Long Walk to Freedom è un lungo viaggio, quasi due ore e mezza, attraverso la sua vita. Prodotto da uno degli uomini più potenti del cinema mondiale, Harvey Weinstein, e diretto da Justin Chadwick. Manifestazioni, scioperi, boicottaggi, sabotaggi, il processo, la condanna all’ergastolo, il carcere durissimo, il rischio di annientamento. La liberazione, e infine la consacrazione a mito. Un film che procede per scene madri, come quadri di una beatificazione.
E’ difficile penetrare nell’intimità di un mito: questo film forse non ne ha neppure l’intenzione, anche se dedica molto spazio al rapporto fra Mandela e la moglie, Winnie. Certo è che si rimane sempre come al di fuori, a guardare il dramma troppo da lontano. La polizia sudafricana spara con proiettili veri ad altezza uomo contro i manifestanti; Winnie viene arrestata e allontanata dalle figlie; Nelson in carcere viene umiliato in ogni modo. Ma non riusciamo mai a sentire quell’emozione sottile, intima che ogni film dovrebbe provocare.
Mandela: Long Walk to Freedom assomiglia a una celebrazione un po’ didattica, da grandi masse cinematografiche. L’uso della musica è massiccio, quasi violento, ogni picco emotivo della storia viene sottolineato a tutto volume. Come se lo spettatore dovesse essere forzato a provare certe emozioni. E non siamo neppure sicuri che, dopo aver visto il film, si impari qualcosa su Mandela che non si sapesse già.
A interpretare Mandela, Idris Elba: un monumento di muscoli e spessore. Volto quasi inedito per lo star system mondiale, inglese, originario della Sierra Leone, 41 anni, molte serie televisive al suo attivo, Elba ha un ruolo ingrato. Deve fare il mito dall’inizio alla fine, e quindi rischia di risultare, suo malgrado, monolitico. “Avevo molta paura di interpretare questo ruolo, anche perché non somiglio fisicamente a Mandela”, dice con molta onestà Idris Elba. “E sapevo che, per quindici anni, Denzel Washington era stato dietro a quel ruolo. Poi le cose sono cambiate, sono stati proposti altri nomi tra cui il mio. E ciò che mi ha dato coraggio è il fatto di essere stato scelto dalla famiglia Mandela”.
“Mai, prima d’ora, avevo avuto un ruolo così importante. So benissimo che per la mia carriera questo può essere un inizio, o la fine!”, ride Idrissa. “E so che non ci sono rischi di sfruttamento del mito: il film è prodotto da uno dei più cari amici di Mandela, il film è finanziato da sudafricani. E soprattutto Mandela stesso voleva fortemente che fosse fatto, e che fosse fatto così”.
“Il giorno dopo la morte di Mandela – confida Elba – andai a trovare sua figlia Zindzi. Le dissi: non me la sento di promuovere il film. Ma lei: no, tu devi farlo, proprio per rispetto della memoria di mio padre”. Ad interpretare Winnie Mandela, con piglio e vibrante energia, seduzione e determinazione, è Naomie Harris. “Le donne, nella storia, sono sempre viste come le mogli, le amanti, le compagne dei grandi uomini. Lei non è stata solo questo. Questo film era una grande occasione per fare conoscere il suo straordinario contributo alla lotta”.