Carlo Mazzacurati. Una certa idea di cinema, di Mario Canale e Enzo Monteleone

Parla una lingua semplice e immediata e ci offre forse il profilo più immediato del cineasta, quello che il pubblico ha conosciuto. VENEZIA81. Venezia Classici.


Corso Trimestrale di Montaggio in presenza, dal 26 marzo



MASTERCLASS di REGIA con MIMMO CALOPRESTI, dal 25 marzo online


IA per il Filmmaking, corso online dal 1° al 29 aprile


Scomparso a soli 58 anni, Carlo Mazzacurati è stato un autore che avrebbe potuto ancora dare molto al cinema italiano, spaziando da un cinema di confine, quasi che le sue storie servissero a ridefinire, in quegli spazi liberi che dalla laguna sconfinano verso est, nuovi orizzonti narrativi, ad un cinema più scanzonato, aderente ad una natura italiana tradizionale con le coloriture e le sfumature di uno sguardo costante verso la tradizione narrativa orientale. Diremmo quasi che Mazzacurati era posizionato geograficamente con tanto di gradi di latitudine e di longitudine e il suo cinema rifletteva questa sua caratteristica, in altre parole quel paesaggio interiore che lo stesso regista richiama nell’incipit del film.
Mario Canale ed Enzo Monteleone, quest’ultimo con Roberto Citran e lo stesso Mazzacurati in un cinema off della Padova degli anni ’70, davano vita ad un cineclub che ha formato il loro sguardo e alimentato la loro passione cinematografica. I due registi coadiuvati da una lunga fila di attori, registi e comunque amici dell’autore scomparso, con il loro film documentario sulla vita artistica del regista ricompongono, passo dopo passo dagli esordi all’ultima fatica registica, la carriera di Carlo Mazzacurati, provando attraverso una serie di interviste rilasciate dallo stesso autore e queste testimonianze preziose e divertenti che tracciano attraverso le parole di Nanni Moretti o Silvio Orlando, di Valerio Mastandrea o Roberto Citran e di molti altri, il profilo umano e autoriale di Mazzacurati.
Il film che deriva da questo lavoro ricostruttivo è lineare e utile nel suo carattere meramente compilativo nel quale gli autori non sembra vogliano intervenire, consegnando il compito di restituire il senso del cinema del regista veneto alle immagini dei suoi film che in ordine cronologico sono ricordati a cominciare dal primo Vagabondi di cui si è perduta ogni copia, fino all’ultimo e alle parole dei testimoni che hanno avuto il piacere di conoscerlo e di lavorare con lui.
Il documentario non si discosta da questa sua esplicita forma che ha a che fare con una narrazione del personaggio, diventando un utile vademecum sul cinema e sulla poetica di Mazzacurati, ma nel contempo rinunciando a diventare qualcosa di più, come ad esempio un saggio più sapiente e più intessuto della materia di questo cinema che da sempre ha lavorato su un confine instabile, inventando storie da noir all’italiana o piccole tragedie della nebbiosa provincia del nord est. D’altra parte è lo stesso Mazzacurati a parlare in termini entusiasti della provincia come riserva di sguardi originali sul mondo.
Ma in fondo si tratta di scelte che appaiono perfino insindacabili e come sempre il documentario deve parlare con le parole che gli sono proprie. Carlo Mazzacurati. Una certa idea di cinema parla una lingua semplice e immediata e ci offre un profilo dell’autore sul quale indaga, forse quello più immediato, quello che il pubblico ha in qualche modo conosciuto, attraverso i suoi film assolvendo con attenzione il proprio compito con l’immediatezza delle immagini e la voluta semplicità del suo impianto.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3
Sending
Il voto dei lettori
3.5 (2 voti)

Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale


    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative