"Caterina va in città", di Paolo Virzì

Un film riuscito a metà, ma convincente nell'eliminare qualsiasi indulgenza nei confronti del mondo rappresentato, assolvendo solo l'ingenuità energica e antica di una tredicenne.

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Pare non si salvi proprio nessuno. Il ritratto dell'Italia ricorda Ferie d'agosto, forse il film più riuscito del regista livornese, un paese diviso irrimediabilmente tra destra e sinistra, tra arricchiti e radical chic, tra coloro che si sentono forti e coloro che si sentono raffinati. Lo sguardo sui personaggi, su Caterina (la bravissima Alice Teghil) in particolare, è quello di Ovosodo, cui sembra rifarsi anche il canovaccio del giovane ingenuo a contatto con un mondo più grande di lui, che lo attira e lo travolge lasciandolo spettatore ai margini. Una mescolanza tra i due film migliori della carriera non garantisce però un risultato felice, e forse denota una certa crisi di idee, il cercare rifugio in una maniera. Ma, sebbene il film non sia completamente riuscito, Virzì riesce a mettere in scena qualcosa di veramente nuovo, facendo affiorare l'amarezza che nei due film citati affiorava solo qua e là, sebbene fosse una componente centrale delle due pellicole sopra citate. Per questo l'uso della voce fuoricampo che scandiva la formazione del giovane Piero, protagonista di Ovosodo, dando ritmo e dissonanze ironiche a quello che accadeva sullo schermo, è molto limitato. Qualsiasi tentativo di fare un romanzo di formazione scanzonato viene espunto, prendendo un arco di tempo limitato e, soprattutto, un punto di vista ancora più ingenuo, non più un ragazzo diciottenne di un quartiere periferico di una città come Livorno, ma una ragazzina tredicenne che arriva dalla provincia alla metropoli romana. Si toglie qualsiasi vitalità alle contrapposizioni tra stili di vita di destra e di sinistra, tra classi agiate e classi subalterne, irrigidendo ancora di più la contrapposizione fino a farla incarnare a due studentesse delle scuole medie. Inoltre, Virzì presenta un piano di scontro tra generazioni, creando il personaggio del padre frustrato e bilioso, e forse lasciandogli troppo spazio, lanciando a briglia sciolta la presentazione dell'indignazione nevrotica di Castellitto. Tutti questi nodi narrativi e tematici concorrono a stilizzare i personaggi, togliendo loro vitalità, ma allo stesso tempo spezzando qualsiasi complicità tra punto di vista della macchina da presa e visione dei personaggi. Non c'è salvezza per nessuno, destra, ricchi, poveri, intellettuali, sottosegretari, bottegai e l'unica salvezza sembra presentarsi come quella di una dorata ed esasperata ingenuità. Sia quella della madre (Margherita Buy), sia quella di Caterina, che non fa che esser travolta da mondi che non le appartengono, primo tra tutti la galassia dei sogni frustrati da escluso di Giancarlo, il padre. Il rapporto tra padre e figlia è l'asse principale su cui si sviluppa il film: Caterina che di fronte al panorama della città, a tutte le cose nuove che le si parano davanti, non può che esclamare "Ammappe'", pronta a vivere un po' spaventata quello che le si para davanti. Al contrario il padre, che stigmatizza subito l'espressione da buon selvaggio provinciale che la figlia usa, è ossessionato dalle "conventicole" tese ad escluderlo, nascoste dietro ogni apparenza mondana. Bilioso senza speranze, fino al crollo, Giancarlo non riesce ad aprire gli occhi oltre la propria esperienza paranoica di scrittore fallito. Per fortuna il film riesce ad andare oltre alle colpe dei padri che ricadono sui figli: le due ragazzine, la superficiale discotecara di destra, e la politicamente impegnata ribelle di sinistra, non sono presentate come degne figlie dei padri, ma più radicalmente come parte integrante di un universo che è imbarazzante e ingiusto nella sua globalità. L'unica piccola via d'uscita è suggerita attraverso il respiro dato a Caterina, la tredicenne che salta e poga su brani di Verdi, e riesce, sempre straniata e ai margini, a mantenersi felicemente fuori dal mondo.

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Regia:Paolo Virzì
Sceneggiatura: Francesco Bruni, Paolo Virzì
Fotografia: Arnaldo Catinari
Montaggio: Bettina Pontiggia
Musiche: Carlo Virzì
Scenografia: Tonino Zera
Costumi: Cecilia Zanuso
Interpreti: Sergio Castellitto (Giancarlo Iacovoni), Margherita Buy (Agata Iacovoni), Alice Teghil (Caterina Iacovoni), Claudio Amendola (Manlio Germano), Federica Sbrenna (Daniela), Carolina Iaquaniello (Margherita), Galatea Ranzi (Livia, madre di Margherita), Flavio Bucci (Lorenzo Rossi Chaillet), Paola Tiziana Cruciani (Marisa), Silvio Vannucci (Fabietto Cruciali)
Produzione: Rai Cinema/Cattleya . In collaborazione con Sky
Distribuzione: 01 Distributione
Durata: 106'
Origine: Italia, 2003

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