“Cena tra amici”, di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte

cena tra amici
Farsa, vaudeville o pochade, i registi sembrano attingere dalle diverse anime teatrali francesi, comunque alternativamente dominanti su quella più squisitamente cinematografica. C'è sempre un certo controllo sull'aspetto umano, anche se solo per mettere in scena i più gravi difetti umani, altrimenti si rischierebbe di degenerare nella parodia e nel burlesque. È proprio la brevità, intesa come estrema concentrazione, dei dialoghi, la “ristrettezza” del cinema in sala da pranzo e la scoperta ricerca della risata, che condensano la grevità compiaciuta e di raffinata malizia, debolmente dissacrante

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cena tra amiciNon è “carnage”, la carneficina (traduzione letterale, stavolta) tra le 3/4 mura amiche, di vomito e lotta fisica, ma è probabilmente poco più di uno scambio di opinioni teatrali, al quale andrebbe dato un nome, un'etichetta ad ogni costo, con tanto di scadenza, nella torbida estate di sale deserte, seppur frigorifero. Non è la cena al centro del palco, ma il “prènom” da rifilare al nascituro, che tanto farà tribolare la relazione d'amicizia tra lo snob professore della Sorbonne, il materialista Vincent (prossimo papà) e il trombonista solitario e misterioso. In mezzo la futura mamma, donna in carriera e cronica ritardataria, e la padrona di casa, professoressa di liceo, insoddisfatta e in crisi esistenziale. Il vero fulcro della vicenda è il pretesto, quello teatrale, da cui è tratta l'opera prima cinematografica dei due registi francesi, autori della stessa pièce di successo, e il pretesto del nome, fatto scatenante di una serie di dialoghi, serratamente radical e divertenti.

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cena tra amiciNeanche il finale imprevisto (più o meno…) risolleverà le sorti, anzi sembrerebbe in linea con il filone più farsesco e verboso di una certa commedia francese degli ultimi tempi, tanto da rievocare soprattutto Francis Veber o Guillaume Canet. Appunto, farsa, vaudeville o pochade, i registi sembrano attingere dalle diverse anime teatrali francesi, comunque alternativamente dominanti su quella più squisitamente cinematografica. C'è sempre un certo controllo sull'aspetto umano, anche se solo per mettere in scena i più gravi difetti umani, altrimenti si rischierebbe di degenerare nella parodia e nel burlesque. È proprio la brevità, intesa come estrema concentrazione, dei dialoghi, la “ristrettezza” del cinema in sala da pranzo e la scoperta ricerca della risata, che condensano la grevità compiaciuta e di raffinata malizia, debolmente dissacrante. Più che marmittoni meravigliosamente fuori tempo, tre bamboccioni, che dalla farsa primitiva e apparentemente sanguigna, porgono lo sguardo alla vaudeville che non trasmette morale e non scalfisce alcuna tragicità. Allora pochade di marachelle coniugali, equivoci galanti e i ridicoli contrattempi, in ambiente di piacere spicciolo, abbondanza di macchiette più o meno stereotipate. Boulevardier è servito.

 

Titolo originale: Le Prènom
Regia: Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte
Interpreti: Patrick Bruel, Valérie Benguigui, Françoise Fabian, Charles Berling, Guillaume De Tonquedec
Distribuzione: Eagle
Origine: Francia/Belgio, 2012
Durata: 109'
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