Cercando Julian Assange

Il fondatore di Wikileaks potrà far ricorso contro l’estradizione in USA. Rimarrà però recluso. Con una mappa audiovisiva, cerchiamo di far risuonare la sua voce dissidente oltre le mura del carcere

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Dopo mesi di cielo scuro e nubi temporalesche, un piccolo raggio di luce schiarisce (non troppo) il futuro di Julian Assange, fondatore di Wikileaks. Il 24 gennaio 2022 l’Alta Corte britannica ha decretato che Assange potrà fare appello alla Corte Suprema contro l’estradizione negli Stati Uniti, dove rischia una condanna alla pena di morte per spionaggio. A dicembre, come raccontato nel dettaglio da Carola Frediani nel suo blog Guerre di Rete, l’Alta Corte aveva reso molto più probabile questo scenario, pronunciandosi a favore dell’estradizione dopo le assicurazioni dei diplomatici USA e dell’amministrazione Biden che non verranno applicate misure di isolamento estremo ingiustificate. Assicurazioni considerate attendibili da un sistema giudiziario come quello inglese che ha dimostrato in più modi di avere la convinzione e la convenienza necessaria a vestire i panni dell’allodola davanti al riflesso di uno specchietto.

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Il calvario legale di Julian Assange, australiano classe 1971, è cominciato nel novembre del 2010, quando in Svezia compare un mandato d’arresto in contumacia per reati sessuali. È un mese che sono sbarcati sul web gli Iraq War Logs, un insieme di quasi 400’000 file che tracciavano la presenza, con annessi crimini di guerra, degli USA durante la loro permanenza nel paese dal 2004 al 2009. Le immagini di una pattuglia di soldati statunitensi che massacrava 18 civili, tra cui un giornalista Reuters e il suo assistente, aveva sollevato parecchie domande pruriginose per l’amministrazione Obama. Per questo, l’occasione di far piombare sulla vita di Assange una vera e propria tempesta è stata colta appena possibile e cioè quando una donna con cui è stato a letto la sera prima si è presentata in un commissariato svedese per obbligarlo a fare un test per l’HIV. Da lì, una serie di prove contraffatte lo trascinano in un incubo legale che lo ha costretto a domiciliari, asili politici e carcere duro per evitare l’estradizione negli Stati Uniti.

È difficile sbrogliare la matassa legale e processuale per capire bene la questione Assange. È importante, però, capire quanto valore abbiano le battaglie che lo hanno portato a marcire per anni in una camera d’isolamento. Il processo e le condanne che ha subito equivalgono al criminalizzare le pratiche giornalistiche d’inchiesta facendole passare per spionaggio, rischiando di essere un facile precedente a cui attingere per chiudere qualsiasi bocca pronunci parole scomode. Raccogliamo, allora, alcune opere in cui, in modo diretto o indiretto, risuona la sua voce del fondatore di Wikileaks, sperando che echi di vera dissidenza possano risuonare in tutti noi.

 

Quando Google ha incontrato Wikileaks, scritto da Julian Assange

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Julian Assange

La ragnatela si sta stringendo attorno a Julian Assange, che nel 2011 si trova agli arresti domiciliari in una villa nel Norfolk. Un giorno, il ragno decide di andare a controllare la sua preda. Si tratta di Eric Schmidt, allora presidente di Google, e Jared Cohen, il “Ministro degli Esteri” di Google, come lo presenta Assange nel libro. Quando Google ha incontrato Wikileaks è infatti il resoconto di questo bizzarro incontro che illumina i giochi di potere e lo scontro di ideologie in ballo per il futuro di Internet.

 

The World Tomorrow, show condotto da Julian Assange

slavoj zizek

Sono 400 giorni che Assange è detenuto senza un’accusa e di lì a poco comincerà il suo lungo asilo politico nell’ambasciata dell’Ecuador quando esce la prima puntata di The World Tomorrow. In collaborazione con l’emittente russa RT, Assange riprende una serie di colloqui con importanti figure intellettuali e politiche. Ci sono scontri tra punti di vista diametralmente opposti, racconti di ex-prigionieri di Guantanamo ed echi della primavera araba. Lasciamo qui, però, la doppia puntata intitolata Cypherpunks, con la quale si cerca di rispondere a una domanda tanto difficile quanto attuale: il futuro del mondo è il futuro di Internet?

 

Mediastan, regia di Johannes Wahlström

Una macchina si muove tra le nere e brulle montagne del Tajikistan. Sulle strade ogni tanto evita un blocco di neve, più spesso, quando il conducente riesce a vederle attraverso il vetro anteriore crepato, prova a scartare qualche buca. La macchina giunge davanti a un tunnel. “Non sembra finito” esclama un uomo, che poco prima stava leggendo ad alta voce dei documenti statali. Difatti, dopo qualche metro degli operai dicono loro di tornare indietro. È il primo, ma di certo non l’ostacolo più grande per gli attivisti di Wikileaks alla ricerca di collaboratori in Asia Centrale e ripresi in Mediastan, road-documentary diretto da Johannes Wahlström e prodotto dallo stesso Assange insieme alla Sixteen Films di Ken Loach. È visibile interamente su YouTube.

 

Risk, regia di Laura Poitras

Julian Assange

L’insieme di opere che rappresentano il fondatore di Wikileaks non è composto solamente da agiografie. Diverse opere si sono concentrate anche sui suoi lati oscuri. Chi dipingendolo apertamente come un antagonista, come in Il quinto potere con Benedict Cumberbatch e diretto da Bill Condon, chi invece ragionando sul suo difficile rapporto con le donne. È il caso di Risk, documentario di Laura Poitras, vincitrice di un premio Oscar per Citizen Four, incentrato sulla figura di Edward Snowden. Nella sua prima versione, quella presentata a Cannes nel 2016, il documentario si concentrava sulla battaglia legale di Assange. Nel rimontaggio del 2017 il focus si sposta sulle accuse provenienti dalla Svezia che, a prescindere dalla loro veridicità, diventano un pretesto per affrontare la questione di genere all’interno di Wikileaks. Risk è visibile gratuitamente su PeerTube.

 

Condizione Assange, mostra di Miltos Manetas

Miltos Manetas

Una mostra che apre per restar chiusa”, così viene presentata la mostra dell’artista greco Miltos Manetas al Palazzo delle Esposizioni. Il pittore ha realizzato 40 ritratti di Assange visibili solamente attraverso l’omonimo profilo Instagram dedicato alla mostra. Dopo quasi mille giorni di carcere, anche quest’ultimo è stato però oscurato. La scelta di mantenere chiusa al pubblico l’esposizione è un modo sia per ragionare sulla condizione di un uomo mediaticamente sovraesposto eppure costretto al silenzio.

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