Cerimonia segreta, di Joseph Losey

Un cinema che sottende e disattende, attraverso un gioco di ruoli e potere sospinto tra l’accettazione e il rifiuto. Il corpo di Elizabeth Taylor è di una bellezza sostanziale. Oggi su Iris, ore 14.20

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Quante pagine di non detto scorrono nel cinema di Losey? La sua scrittura è spesso frammentaria, non intricata; a visione conclusa ci resta qualcosa di parzialmente ricostruito, di non esaustivo, un cerchio che non si chiude perfettamente. Leggere tra quelle pieghe, più o meno suggerite, è l’atto più generoso che un autore possa fare al pubblico, e in questa costruzione partecipata di significati si inserisce un senso inesauribile che scavalca il cinema stesso. Perché in Cerimonia segreta, più che in altri film del regista, tutto è basato sulla percezione che abbiamo dei personaggi, la cui identità è disattesa di volta in volta in un gioco di ruoli sospinto tra l’accettazione e il rifiuto.

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Leonora (Elizabeth Taylor), una prostituta consumata dalla colpa per la morte della figlia, annegata in un momento di distrazione, incontra una ragazza, Cenci (Mia Farrow), che si rivolge alla donna chiamandola madre; la invita a casa, le offre un pasto caldo e presto prenderà il posto della madre defunta. Un dramma, un thriller, un horror; Cerimonia segreta potrebbe essere tutto questo e per certi versi lo è. Chi scrive trova assonanze, ad esempio, con i coevi Rosemary’s Baby e Il verde prato dell’amore, per quelle atmosfere dannatamente sospese, la calma apparente che resta tale fino alla fine, senza eccessi o furori che la giustifichino davvero. Allora anche la violenza su Cenci da parte del patrigno (Robert Mitchum), quando era bambina, non può che essere rievocata da un suono, ripetuto, o dal nome stesso della ragazza, a cui non corrisponde un destino comune con l’eroina storica che vede nel parricidio un riscatto. E se l’atto sessuale tra i due avrà ancora luogo, questo si consumerà a distanza, in campo lungo, con i corpi riconoscibili quel tanto che basta.

Losey costruisce rapporti torbidi, di sudditanza – tra maschile e femminile ma soprattutto tra le due donne: Leonora sarà costretta a fuggire per non soccombere agli istinti dominanti di Cenci. Losey guarda tanto al suo cinema, a quella magnifica ossessione che è Il servo o a quel gruppo di famiglia in un interno che è L’incidente. Più che ai rapporti di classe, osservati con occhio cinico che è debitore di Pinter, qui mette in scena un’umanità smarrita, indifesa, a un passo dal precipizio; Leonora confida a un prete le sue paure, Cenci si chiude nella sua fortezza di sfarzo e ricordi. L’opulenza riempie l’inquadratura in dialogo coi personaggi: come spesso accade con Losey, l’ambiente e gli oggetti hanno una precisa valenza simbolica; così le maschere funebri appese alle pareti sono lì a ricordarci la tragicità della vita.

La morte è una presenza costante e rimarcata (il cimitero); corre su un fiume che è quello del passato e sopraggiunge fischiettando – Mitchum è un cavaliere notturno inquietante nei suoi silenzi e nel viso segnato dal tempo, di contro a chi ha sostenuto che non fosse in parte. Per quanto riguarda Taylor, il suo accento americano la estranea un po’ dal contesto britannico della storia. Tuttavia chissà cosa avrebbe detto Barthes a proposito del suo volto; probabilmente sarebbe stato a metà tra l’idea e l’evento, cioè tra un’iconicità evidente – fissata per sempre in un ritratto “imperiale” – e una bellezza di ordine sostanziale, con questo corpo morbido e sensuale che rimanda al grembo materno. La macchina segue gli sfoghi dell’attrice secondo un manierismo che è al servizio del racconto, perché Losey è perfetto padrone del mezzo: osa senza retorica come in questo caso con movimenti bruschi e tagli isterici; in altri contesti sa essere oltremodo misurato, un re senza patria a cui andrebbe restituita almeno la corona.

 

Titolo originale: Secret Ceremony
Regia: Joseph Losey
Interpreti: Elizabeth Taylor, Mia Farrow, Robert Mitchum, Peggy Ashcroft, Pamela Brown
Durata: 105′
Origine: Regno Unito, 1968
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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