Chi protegge il testimone, di Ridley Scott

Un triangolo di sentimenti da noir americano anni ’40. In un film sofisticato che perde quasi subito le sfumature thriller per vestire i panni di un mélo. Stanotte, ore 00.55, Rai Movie

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Un lungo travelling aereo inquadra dall’alto una New York notturna e insonne: sulle note di Someone to Watch over me nella versione di Sting si passa dalle zone residenziali di Manhattan alle case popolari del Queens. A una festa di compleanno in dimensione piccolo borghese si alternano le luci stroboscopiche di una discoteca di lusso per gli yuppies degli anni ’80. Da George e Ira Gershwin ai Fine Young Cannibals in uno stacco solo, la differenza è anche nel tipo di luce che illumina gli ambienti, nel fumo che rende indistinti i contorni.

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Ridley Scott gioca subito a carte scoperte: Chi protegge il testimone non deve essere guardato come un noir dalle venature rosa ma come un dramma sociale sulle differenze di classe. Mike Keegan (Tom Berenger reduce dal successo mondiale di Platoon) è un detective della polizia che è incaricato della protezione di Claire Gregory (Mimi Rogers),

testimone di un efferato delitto da parte dello psicopatico Joey Venza (Andreas Katsulas). Dal momento in cui il poliziotto della working class, felicemente sposato con la androgina Ellie (Lorraine Bracco che vedremo più avanti in Quei bravi ragazzi di Scorsese), entra nel magico mondo della ricca borghesia newyorkese, si determina una crisi identitaria e coniugale che sembra senza apparente sbocco. La casa di Claire è un labirinto: mentre le note della musica classica (Gloria di Vivaldi, Aria di Bach) invadono ogni stanza, il moltiplicarsi di porte e di specchi confonde lo stralunato ospite che sbaglia direzione e non trova la via d’uscita. Ridley Scott è equidistante sia dai postmodernismi di Brian De Palma che dall’erotismo soft di Adrian Lyne e imposta il suo triangolo di sentimenti su continui contrasti cromatici e sull’atmosfera nebbiosa da noir americano degli anni ’40.

Steven Porter manipola le ombre scorrevoli in metropolitana, utilizza colori accesi (rosso e arancio) per gli ambienti interni (molti sono gli ascensori) e imita Caravaggio con fasci di luce che partono improvvisi dalle finestre tagliando l’oscurità come spade fosforescenti. Tom Berenger è bravo nel fare affiorare la confusione di un uomo che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato e che in certi momenti sembra l’antesignano del Kevin Costner di The Bodyguard. Esemplare è la scena al Guggenheim, nella quale il poliziotto con cravatta trendy viene scambiato per un toy boy dalle dame della alta borghesia newyorkese: la distrazione del detective consente al folle Joe Velenza di violare il bagno del museo e minacciare la testimone in una scena claustrofobica. Mimi Rogers inquadra perfettamente lo spirito edonistico degli anni 80, il suo innamoramento viaggia tra le note liriche di Ebben? ne andrò lontana (da La Wally di Alfredo Catalani) che sancisce contemporaneamente il primo litigio e il primo bacio (la memoria va a Harrison Ford e Sean Young in Blade Runner).  Anche il personaggio di Ellie sembra progressivamente perdere sicurezza e punti di riferimento: il turpiloquio, i modi molto bruschi (pensa lei al carburatore dell’auto), il confronto impietoso con un mondo luccicante rivelano le insicurezze di una donna che lotta da sola per sopravvivere in un quartiere problematico. In questa storia d’amore molto contrastata fa capolino qualche riflesso musicale di Vangelis: durante una telefonata tra i due amanti sentiamo le note della meravigliosa Memories of Green.

Scritto da Howard Franklin, con colonna sonora di Michael Kamen con contaminazioni del pop elettronico degli anni 80, Chi protegge il testimone è un’opera sofisticata che perde quasi subito le sfumature thriller per vestire i panni di un melò in cui il lieto fine è solo apparente. Mentre la figura maschile va lentamente evaporando nelle spire della seduzione, le due figure femminili spiccano per determinazione e spirito di sacrificio e, a loro modo, impongono due differenti prospettive di sguardo, dal centro alla periferia del mondo, sulle note di Someone to Watch Over Me, stavolta nella versione di Roberta Flack.

 

Titolo originale: Someone to Watch Over Me
Regia: Ridey Scott
Interpreti: Tom Berenger, Mimi Rogers, Lorraine Bracco, Andreas Katsulas
Durata: 106′
Origine: Usa 1987
Genere: thriller/mélo

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