"Chicken Little – Amici per le penne" di Mark Dindal

Primo film d'animazione in 3D della Disney, "Chicken Little" ripropone la formula tipica di altri film del genere e imbastisce un edificante racconto sul rapporto padre/figlio. In definitiva un film che non riesce ad elevarsi dalla media, tecnicamente ben fatto, ma risaputo nei temi e nei toni.

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La Disney è sempre la Disney. E' un'istituzione. E in quanto tale le sue storie sono "istituzionali", cioè tranquillizzanti e moralmente edificanti. Un trionfo di buoni sentimenti. Sono come il miele: prese a piccole dosi addolciscono la vita, ma a lungo andare possono comportare disturbi, dolori di stomaco. Se le storie del sommo padre Walt avevano una sottile inquietudine e una venatura dark che covavano tra le pieghe del racconto, se nei fumetti (soprattutto quelli italiani) si trovano ancora cose sorprendenti e interessanti, il cinema Disney di oggi sembra conformarsi a questa bontà "politically correct". Non fa eccezione Chicken Little, primo film in computer grafica 3D della Disney, in precedenza affiancata in alcuni progetti alla Pixar e, da ultimo, all'inglese Vanguard Animation (Valiant). La storia di questo pollastrello mingherlino ed occhialuto (con la voce di Gabriele Cirilli nella versione italiana) verte tutta sullo scontro/incomprensione tra padre e figlio. Chicken Little è convinto che il cielo stia crollando e lancia un allarme per salvare gli abitanti della sua città. Ma non vengono fuori che disastri: la gente di varia "animalità" di Querce Ghiandose non gli crede e l'imbarazzato padre Peppe non può far altro che prendere le distanze dalle stramberie del povero figlio. Naturalmente questo provoca un grande dolore al pulcino. Ma il tempo renderà giustizia: arrivano gli alieni e Chicken Little saprà riacquistarsi il credito dei suoi concittadini e la piena fiducia paterna. Happy end d'obbligo, con tanto di morale (fiducia nel futuro, i problemi vanno affrontati di petto, la comunicazione accresce i legami, l'amicizia aiuta a superare le difficoltà, l'affetto padre/figlio ha valore "universale"). Niente di nuovo sotto il sole, dunque. Neanche il tono scelto da Mark Dindal e la sua equipe. Il film opta per la stessa formula che ha fatto il successo di tanto cinema in 3D, da Shrek a Madagascar e via dicendo: trovate comico-umoristiche (il maiale grassone, il borioso e incapace sindaco tacchino, cui presta la voce nella versione italiana Walter Veltroni), citazioni cinematografiche a iosa, (King Kong, Signs, La guerra dei mondi, un omaggio palese a Indiana Jones), numeri musicali, canzoni anni '70 (dai Bee Gees a Gloria Gaynor), una leggera satira di costume (l'ossessione di Alba Papera per i rotocalchi "fintopsicologicigenerazionali"). A dire il vero alcune cose sono irresistibili: il DJ porcospino è impagabile ed è geniale il finale in cui si prende in giro la tronfia retorica dei film in "stile" Hollywood. Ma a dire il vero, ci piacerebbe pensare che quella presa in giro sia anche una sorta di autoironia, visto che in Chicken Little la retorica non manca. I bambini in sala hanno riso di gusto (e questo conta più di ogni altra cosa), ma, in definitiva, il film non si eleva dalla media: qualche leggera impennata, ma nessun picco. Nulla da eccepire, invece, sulla tecnica e sulla qualità dell'animazione. Gli esperti, tra l'altro, dicono che Mark Dindal con questo film ha operato una piccola rivoluzione nel campo, adottando per il 3D i vecchi metodi dell'animazione classica, secondo cui ogni disegnatore si occupava dell'evoluzione di un personaggio,  affinchè il lavoro non si fondasse sulle scene, ma sui caratteri.

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Titolo Originale: Id.


Regia: Mark Dindal


Distribuzione: Buena Vista International Italia


Durata: 81'


Origine: USA, 2005

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