Chiusura, di Alessandro Rossetto

A 21 anni di distanza, è stato riproposto al festival il documentario del regista padovano presentato nella sezione Back to Life

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“Questo film parla della nebbia e dell’inverno, praticamente, e di piccole storie nascoste”. Così Alessandro Rossetto descrive il suo Chiusura a 21 anni dalla presentazione in anteprima al 19° Torino Film Festival. “E rivedendolo oggi direi che parla del tempo, di come cambia le cose, anche se questa – conclude il regista padovano – è una riflessione ex post”. Flavia è una parrucchiera di quartiere intorno alla cui attività, da decenni, orbita una comunità discreta ma unita. Un via vai continuo di signore piccolo-borghesi pronte a messa in piega e tinta. Per quanto, tuttavia, non vi siano solo anziane a bussare alla sua porta: è il caso di due gemelle ventenni giocatrici di calcio e un’ancora più giovane acrobata del circo locale. Un universo parallelo esclusivamente femminile, trasversale alle generazioni, nucleo privato che si apre verso la vita al di fuori di quel concreto spazio commerciale. Il locale che Flavia gestisce con l’aiuto del marito ospita un microcosmo apparentemente estetico ma profondamente umano. Un luogo di aggregazione con un suo codice linguistico e, per certi versi, morale. Bello e significativo, infatti, quel momento in cui una donna evidentemente non della zona esterna il suo disorientamento di fronte ai protagonisti e da questi viene aiutata prima (senza successo) a contattare il figlio tramite elenco telefonico e poi a trovare la via di casa.

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Altrove si evidenza la forza discorsiva di una chiusura che si fa apertura, la ricerca di storie che dalle mura di quel negozio da parrucchiera prendano il volo verso l’esterno. La gemella più problematica, che sulla sedia da barbiere racconta il recente passato di disturbi alimentari e poi sul campo di calcio mostra tutta la forza che le ha permesso di ritrovarsi. La giovanissima performer circense che porta le gambe fin dietro la testa, mostrando la magia di cui è capace un mondo piccolo. Il documentario di Rossetto è l’indagine di ciò che si nasconde dietro la nebbia di una provincia meno vuota di quanto sembri, atmosfericamente fredda ma non per questo priva di sentimenti. Né di umorismo. A questo proposito, colpisce la scena in cui le clienti (Flavia ridendo le chiama pazienti, come se offrisse sedute di psicoanalisi) leggono la notizia di una coetanea rapinata e violentata nel suo appartamento. Dopo un teso momento di silenzio, una di loro commenta sardonica: “Visto? Non bisogna mai perdere la speranza!”. Non mancano le lungaggini ma, nel testimoniare il passaggio fra due millenni tramite la fine di un percorso professionale che è anche rito collettivo, Chiusura si rivela poesia dell’ordinario perché sorprende oggi come ieri.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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