Christina Ricci, il corpo in fuga nello sguardo.

All'inizio è stata una bambina che sognava di diventare una sirena e passava ore e ore a fare il bagno. Un esordio folgorante, la piccola Christina non era ancora nata al cinema e già si dava come corpo sfuggente, annegante in un sogno iscritto sulla superficie dell'acqua.

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"Ah! Non sapeva ancora il giorno prima che gli occhi sono mani miracolose, non aveva mai goduto del tatto delicato della cornea, delle ciglia, le mani più potenti, quelle mani che toccano imponderabilmente i qui prossimi e lontani" (Hélène Cixous)

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Premessa: fenomenologia di un corpo


Il corpo e lo sguardo, lo sguardo e la vita, lo sguardo di una vita o la vita in uno sguardo. Se è vero che i (nostri) corpi vivono e muoiono nel tempo, è anche vero che essi non esistono se non sono in uno sguardo, nel nostro sguardo, in uno sguardo che ne attesta la presenza, che ne contiene l'esistenza. Dopotutto esistere è uno stare sempre fuori di sé, un essere completamente esposti al tempo e allo sguardo degli altri, ad uno sguardo (altro) che sappia (rac)cogliere il gesto di una presenza e il tracciato disseminato/disseminante (del)le (nostre) emozioni, del loro darsi/donarsi allo sguardo. Allora il tessuto delle immagini, che/in cui (si) mostrano i corpi, come punto di vista trapunto sull'altro velo del nostro esser(ci), a fior di pelle, sulla pelle delle immagini, in cui il gesto e il corpo si fanno figura e si realizzano, trascinandoci oltre noi stessi nel/in un altro mondo. Una scrittura metonimica dove la parte richiama un tutto assente da mettere a fuoco in una istintiva trasposizione dalla figura al viso, alla vaporosità dei capelli, alla bocca, agli occhi, all'incarnato, a quanto, insomma, contribuisce alla completezza del quadro, dell'inquadratura da cui non si vorrebbe (mai) essere esclusi. I corpi nella vita, le figure e i volti nel cinema, i corpi che si fingono/sognano/desiderano esprimono l'immediatezza dell'anima nel suo proporsi e raccontarsi. Eppure il corpo è come sospeso, (in)arrivabile, (in)toccabile, mai immobile, penetrabile con lo sguardo, ma sfuggente, in fuga nello sguardo, disseminato lungo la catena dei possibili segni significanti, (in)visibile palpitare del nostro intimo desiderio, del suo (tra)sparire dalle/con le immagini. L'immagine del corpo nel corpo delle immagini, la sua esposizione al continuo divenire delle stesse immagini, al loro farsi filmico. L'essere del corpo nelle/oltre le immagini, perso, assente, ma sempre in uno sguardo desiderante/amante. Perché, non ci stancheremo mai di dirlo, i corpi amati esigono la forma del nostro sguardo.

Christina un corpo in-sé-fuori-di-sé


Proviamo allora ad inseguire uno dei corpi più sfuggenti del cinema americano degli ultimi quindici anni, quello di Christina Ricci nata il 12 febbraio del 1980 a Santa Monica, California, da uno psichiatra di origini italiane e da una madre irlandese. Il suo esordio al cinema è avvenuto nel 1990, a soli dieci anni, in Mermaids-Sirene, diretto da Richard Benjamin, nel quale recitava al fianco di Cher e Winona Ryder. Nel film è Kate una bambina che sogna di diventare una sirena e passa ore e ore a fare il bagno. Un esordio folgorante, la piccola Christina non è ancora nata al cinema e già si dà come corpo sfuggente, annegante in un sogno iscritto sulla superficie liquida e scorrevole dell'acqua. Un sogno placentare alla innata (in)consapevole dispersione desiderante di un corpo, del suo corpo dolcemente gettato, smarrito nell'immagine del cinema/(della vita?) in cui (dis)fare/(pro)fondere la propria identità. Dopo aver vestito i panni di Mercoledì nei due episodi de La famiglia Addams (1991, '93) entrambi diretti da Barry Sonnenfeld, nel 1995 è la dolce Kat in Casper, il film d'esordio di Brad Silberling. Una delle più belle e delicate storie sull'amore e sull'amicizia, sulla vita e sulla morte. Kat con la sua innocenza rende prensile l'impalpabile malinconia del fantasmino Casper e ri(sol)leva il velo della morte/assenza, permettendo di essere ancora una volta l'uno verso l'altro, in vista dell'altro, nello sguardo dell'altro in cui continuare a vivere/morire. Quello di Kat è uno sguardo, in cui la visione del corpo dell'altro è esattamente l'esperienza di una presenza che sempre fugge nella sua assenza, nell'impossibilità di essere un dato immobile (la splendida scena del ballo in cui, per un istante, Casper ritorna bambino). Ancora un corpo in-sé-fuori-di-sé, nella messa fuori di sé del suo essere-in-sé in un cinema che sembra/vuole restituire corpo ai phantasiai dell'immaginazione, della creazione. Gli anni seguenti sono quelli di una graduale crescita con ruoli in film come Operazione gatto, Tempesta di ghiaccio, Buffalo '66 e L'opposto del sesso, nel finale di quest'ultimo film sembra avvertibile la percezione stessa del tempo trascorso dentro e fuori l'immagine filmata, quando Dedee Truitt, il personaggio da lei interpretato, mentre fa l'autostop, guardando verso la macchina da presa dice: "Dopo quell'estate non sono più stata la stessa".

Il ruolo della maturità artistica le viene offerto nel 1999 da Tim Burton ne Il mistero di Sleepy Hollow al fianco di Johnny Depp. Nel film Christina è la fragile, diafana e bionda Katrina Van Tassel, un corpo che ha a che vedere con la metis del tessere-stessere le tramate smagliature dell'esistere. Katrina media tra illusione e realtà, mancanza e desiderio, il chiasmo che rappresenta il dissidio di qualcuno che va al mondo e che, dall'esterno, sembra rimanere nel suo "sogno", come il detective Ichabod Crane/Johnny Depp. Ancora una volta si è al di là dell'immagine (del corpo, della cosa) visibile, nell'immagine di un cinema in cui il corpo (si) tradisce al/il desiderio della sua inesauribilità, non essendo del tutto presente sotto lo sguardo, ma sempre una presente promessa, in quanto è quiprossimo e lontano. La sequenza finale del film di Burton è più che indicativa: lo scorcio di una New York (la New York del 1799) coperta da una coltre di neve, bianca smagliatura di una pregnanza di possibili varianti, un pulsare di dissolvimento e rigenerazione nel percorso delle immagini. L'adolescente inquieta è cresciuta. Nel 2000 ha confermato le sue doti di attrice nel ruolo di Cherry ne La mossa del diavolo di Chuck Russel con Kim Basinger e recitando di nuovo al fianco di Johnny Depp in The man who cried – L'uomo che pianse di Sally Potter. Tuttavia, non contenta della sua esperienza di fronte alla macchina da presa ha prodotto e interpretato Prozac Nation (2001) e Pumpkin (2002). Nel 2003 è stata la fidanzata esagitata di Jason Biggs nella commedia di Woody Allen Anything Else e la cupa Shelby in Monster al fianco di Charlize Theron, ruolo che le è valso la prima nomination all'Oscar come attrice non protagonista. Il suo ultimo lavoro è Cursed – Il maleficio il film che ha segnato il ritorno alla regia di Wes Craven. Un film in cui l'attrice ha dato corpo al suo personaggio con una tendenza alla rinuncia di sé nella penombra di un immagine demonica della bellezza e facendo dell'irrazionale il tentativo (non) volutamente mancato di ossessione visiva. Comunque, scrivendo di Christina Ricci, ci piace concludere ricordando André Breton: "La bellezza sarà convulsiva o non sarà affatto" e ancora "La bellezza convulsiva sarà velatamente erotica, esplosivamente rigida, magicamente casuale o non sarà".

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