CINEMA – 1 a Festa Internazionale di Roma – La distrazione è poesia: "Jardins en Automne", di Otar Iosseliani (Cinema 2006)

Nei giardini di autunno, la scherzo si fa sonata sotterranea, poco lirica, prepotentemente geniale, in cui, ancora una volta, il passo dinoccolato del cinema di Iosseliani segna il passo ossessivo della distrazione, della deriva, dell'assurdo. A testa in giù alla ricerca della pace, per una trasparenza nuova, per il piano sequenza del mondo.

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Nei giardini di autunno, la scherzo si fa sonata sotterranea, poco lirica, prepotentemente geniale, in cui, ancora una volta, il passo dinoccolato del cinema di Iosseliani segna il passo ossessivo della distrazione, della deriva, dell'assurdo. Concentrato di levità di ossimori con la pesantezza di una condanna sugli uomini di fumo, fumosi e poetici: dove c'è tanto fumo c'è anche fuoco. Vincent (Séverin Blanchet) è un ministro con l'amante che spende i suoi soldi per vestiti e gioielli. Vive praticamente al ministero, dove fa ginnastica, si fa leggere le carte, ascolta musica, beve e mangia. Quando cade il suo governo è costretto a traslocare e lasciare il posto al Ministro di turno accompagnato dalla mamma consigliera. Vincent comincia una nuova vita: ritrova gli amici del passato (un giardiniere, la sue ex) e sua madre (interpretata da uno strepitoso Michel Piccoli). Come in C'era una volta un merlo canterino, Vincent si tiene lontano dalle costrizioni sociali ed è spinto da una sorta di musicalità scherzosa e quella eccentricità di grammatica. Potrebbe essere cinema muto, rievocando Clair e Tati: cinema forzatamente parlato, delle volte lo è per caso, proprio perché gli esseri umani sono costretti a parlare. Forse questo è il senso di tante bestie sullo schermo, protagonisti insensibili e lievi che sfuggono ad ogni convenzione drammaturgica delle cose da dire. Assistono alla disfatta, addomesticati e ingabbiati, come specchi in frantumi in cui si maschera l'implacabilità e la pesantezza lapidaria del senso della vita. Scintilla l'imprevedibilità del prevedibile dell'accadere attraverso un continuo movimento che fa saltare le linee a terra su un set cinematografico, le disintegra. Dopo il caos andante, la famiglia si ritrova, all'aperto, tra clochard, immigrati sfrattati, politici silurati, "merli canterini" affacciati alla finestra, in un lunedì mattina, quando tutti lavorano, sulla terraferma dei sogni e della ribalta mai urlata ma soltanto figurata. Filmico all'inverosimile, Iosseliani a testa in giù trova la calma e la pace, cercando una trasparenza nuova, un piano sequenza del mondo.

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