CINEMA – 1a Festa Internazionale di Roma – "Izobrajaya Zhertvy – Playing the Victim", di Kirill Serebrennikov (Cinema 2006)

Valja è l'attore principale del nonsense teatrale che si consuma durante i 96 minuti di "Izobrajaya Zhertvy – Playing the Victim", del regista Serebrennikov, vincitore della prima edizione della Festa del Cinema di Roma. La telecamera portatile riprende tutto. Un delitto in diretta: la vittima è Valja, che gioca a fare il morto per denaro

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Valja è tanti volti e corpi nello stesso istante. Si copre di maschere di ogni tipo, ma cerca il nulla o almeno qualcosa che gli si avvicini, attenuazione delle passioni, in mezzo alla bufera. È un rappresentante della nuova generazione, che combatte l'apatia, che cerca una strada nella nebbia, nella confusione. Appartiene alla Russia, dove il cinema non vale niente e ogni individuo trova il suo posto nella società con il lavoro o lo studio. È un posto vuoto, di facciata. Tutti vogliono la verità, ricostruendo l'accaduto, sempre, di nuovo, senza alcuna speranza di riuscita. Goffi tentativi per sapere e forse anche per capire. Bisogna vedere, registrare, rivedere, perché non si può credere che sia veramente così, la realtà, senza un'increspatura, una ribellione. E rimane piatta, sbagliata e assurda.

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Valja è l'attore principale del nonsense teatrale che si consuma durante i 96 minuti di  "Izobrajaya Zhertvy – Playing the Victim", del regista Serebrennikov. Un regista di teatro, per l'appunto, che sfrutta il potere delle telecamere per fare cinema. Cambia il mezzo, ma non l'impianto, che resta fortemente scenico. Lunghi discorsi, monologhi che prendono di mira i valori, gli errori della società moderna, i rapporti tra i popoli, il terrorismo (con l'immancabile riferimento all'attacco dell'11 settembre, dove gli arerei sono mani, quelle di Valja che mimano, in un secondo senza parole, l'impatto con le torri). E poi il legame con l'Amleto, il padre morto, la madre che convola a nozze con lo zio. I fantasmi del passato che tornano a cercare i vivi, seminando nuova morte, e nuove ricostruzioni.


La telecamera portatile riprende tutto. Il sospettato racconta. Il delitto si consuma in diretta, contro la vittima Valja, che gioca a fare il morto per denaro. Che sfida la morte, fa le boccacce, muore per finta e per davvero, fuori e dentro, mentre un treno gli passa attraverso il cervello. Possiamo vederlo, quando per un attimo il film si interrompe, per dissolversi in simbologie da cartone animato, segni neri su carta che straziano la pagina, per poco. Poi un'altra vittima e un'altra e un'altra, prima dell'arringa finale e della chiusura del cerchio. Di già? Non c'è nient'altro? Era solo un modo divertente e irriverente (per davvero?) di dare fiato alle proprie lamentele, di svuotare il proprio baule recuperandolo dalla soffitta appena in tempo. Ogni tanto spunta un sorrisino, per l'ironia del protagonista, per l'assurdità delle situazioni. Ogni tanto uno sbadiglio, in attesa della svolta, del momento rivoluzionario. Colpa delle aspettative, sono sempre loro le colpevoli. Colpa di chi non riesce a soddisfarle. Colpa di "Izobrajaya Zhertvy – Playing the Victim".


 

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