Cinema di Quartiere: Sentieri Selvaggi incontra Franco Ferrini
Durante l’incontro, il secondo della rassegna, lo sceneggiatore di Leone e Argento ha parlato del suo lavoro su “Il cartaio”, del rapporto con Roma e di archetipi narrativi

Testimone di alcuni dei più importanti momenti di svolta del cinema italiano e sceneggiatore, tra gli altri, per Dario Argento, Sergio Leone e Alberto Lattuada, Franco Ferrini è stato ospite del secondo incontro, il 6 Marzo, della rassegna Cinema Di Quartiere, organizzata da Sentieri Selvaggi con il contributo della regione Lazio.
Ferrini ha presentato il suo corso di sceneggiatura, in partenza l’11 Marzo e ha raccontato la sua idea di scrittura cinematografica, pop ma al contempo consapevole del contesto socioculturale con cui interagisce. A dimostrazione del suo approccio creativo rimane il lavoro su Il cartaio, film di Dario Argento di cui curò soggetto e sceneggiatura insieme al regista.
Il cartaio è un film complesso da avvicinare, caratterizzato da un passo sperimentale, da una regia che dialoga con il digitale e da una scrittura che ha inserito le coordinate dei thriller argentiani nel contesto dell’internet di massa.
“Inizialmente volevamo ispirarci alla storia di Donato Bilancia. Ci affascinava l’idea di un assassino che sfidasse la polizia ma poi trasferimmo il confronto su internet” – ricorda Ferrini che tuttavia riconosce che “girammo uno dei primi cyberthriller, consapevoli che avremmo interagito con una dimensione di cui non conoscevamo nulla”.
De Il cartaio colpisce anche l’immagine duale che restituisce della città di Roma, al contempo proletaria ed alto borghese, sebbene la città non fosse la prima scelta di Argento: “Dario voleva girare a Venezia, ma ci rendemmo conto che i casinò della città non erano come ci aspettavamo, perciò ci spostammo a Roma”, racconta Ferrini. Una cornice che ha permesso al cinema di Argento di “ricongiungersi con quella dimensione popolare, pasoliniana dei suoi esordi”. Lo spirito popolaresco, è, secondo lo sceneggiatore, il regalo più grande che Roma ha fatto a lui, romano solo d’adozione, sebbene il modo in cui ha scelto di raccontare la sua città nasconda più di una questione irrisolta: “non mi sono mai sentito romano fino in fondo” – ammette – “per questo nei miei film ho raccontato una Roma sfumata, indefinita”.
Durante l’incontro si è riflettuto anche su una sorta di teoria di sceneggiatura di Franco Ferrini. Il punto di partenza è il Ventalogo, la raccolta di lezioni di cui è autore che, partendo da alcune sceneggiature esemplari, estrapola spunti che sono suggerimenti di scrittura ma anche lezioni di vita.
Franco Ferrini pone l’accento sul carattere pedagogico e creativo del Ventalogo ricordando il modo in cui ha concepito la protagonista femminile de Il Cartaio: “Tutto parte dall’archetipo del protagonista che deve fare i conti con un passato traumatico.” – spiega lo sceneggiatore – “Da lì, io e Dario abbiamo dato profondità ad Anna, figlia di un poliziotto con il vizio del gioco costretta a giocare una partita a poker con il killer”. Lo spunto offerto dal Ventalogo diventa dunque anche un consiglio applicabile anche alla vita quotidiana: “In fondo quella regola esorta una persona a superare il proprio passato” spiega Ferrini. Lo sceneggiatore approfondisce le basi della propria scrittura ritrovandole nella teoria del desiderio mimetico di René Girard: “Secondo Girard nessuno è libero nelle proprie scelte ma segue un modello che vuole imitare” – dice Ferrini – “Colui che imita e il suo modello vogliono lo stesso oggetto. Nel momento in cui i due individui entrano in contatto, tuttavia, emerge il conflitto e colui che prima si voleva imitare diventa una minaccia. Quel conflitto è la scintilla che genera le storie”.
Franco Ferrini ha riflettuto anche sul suo ruolo all’interno della filiera creativa del film. Seguendo un adagio di Billy Wilder, egli considera lo sceneggiatore “il pianista del bordello, l’unico che lavora mentre tutti gli altri si divertono” e tuttavia è attratto dalla condizione liminale del suo mestiere. Lo sceneggiatore, spiega Ferrini “lavora da solo, nell’astratto, ma è anche il primo spettatore del film, quasi un costruttore di immagini che di storie”.
L’ultimo incontro della rassegna Cinema Di Quartiere avrà come ospite Mimmo Calopresti, che presenterà il suo L’abbuffata e si svolgerà Venerdì 12 Marzo.