#CinemaRitrovato2018 – Inedito Bergman

Tra le chicche presenti nella sezione Censurati, ritrovati, restaurati c’è Sånt händer inte här, una spy story diretta dal regista svedese nel 1950.

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Esiste un Bergman che quasi nessuno ha visto e dobbiamo ringraziare Il Cinema Ritrovato, la Svensk Filmindustri e la famiglia Bergman se, a cento anni dalla nascita del regista, è stato possibile recuperare a Bologna e in anteprima mondiale la versione restaurata di questa spy story sulla Guerra Fredda realizzata nel 1950. Il film si chiama Sånt händer inte här, è stato per anni un vero e proprio oggetto di culto, ma l’autore di Sussurri e grida non lo ha mai amato particolarmente. Siamo a Stoccolma, qualche anno dopo la Seconda guerra. C’è un Paese oppressivo  chiamato Liquidatzia che dà la caccia ai suoi esuli che vivono in Svezia. Tra questi c’è anche Vera che è sposata con una spia di nome Akta Natas. È un uomo cinico disposto a tutto pur di salvare la pelle e tradire gli altri. Ha con sé una valigetta con la lista di nomi da perseguire. Tutti la vogliono e quando Vera fugge rubandola, diventa il bersaglio di un intrigo e dovrà essere salvata da un agente di polizia innamorato di lei.

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Per quanto Bergman abbia voluto disconoscere questo film, parlandone pochissimo nelle interviste e impedendone la diffusione, non è difficile riscontrare una tensione morale e una sensibilità visiva molto personali. Non è probabilmente un noir riuscito Sånt händer inte här – Ciò non accadrebbe qui, la traduzione in italiano – eppure è un film interessante e molto “bergmaniano” per come riconduce il plot a un’angoscia esistenziale e filosofica differente. Tra le righe della sceneggiatura emerge spesso l’ossessione per il peccato e i contrasti cromatici in bianconero raccontano non solo la dualità dei personaggi, ma soprattutto la possibilità del male (e del bene) nel quotidiano. Da questo punto di vista l’ironia gioca un ruolo fondamentale. Il nome del villain se letto al contrario significa “Vero Satana” e l’opera è densa di riferimenti ironici al cieco rigore della società svedese, alla sua intelligenza distante e alla sua conseguente ambiguità ideologica. Rimane nella memoria poi una scena metacinematografica straniante e incredibilmente moderna: la riunione clandestina tra esuli che si svolge dietro lo schermo di un cinema in cui viene proiettato un film di Walt Disney. Il sonoro del cartoon va ad accavallarsi, ai dialoghi dei personaggi, depotenziando la suspanse, quasi a voler evidenziare apertamente l’artificiosità dei ruoli e dei meccanismi della Storia.

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