CINEMASIA – "A Chinese Fairy Tale" ("A Chinese Ghost Story 2011"), di Wilson Yip


Difficile, se non impossibile, ricreare le atmosfere di un film (e successivi due seguiti) che hanno segnato indelebilmente il genere. Il rischio era alto, ma fortunatamente la versione 2011 di questo classico del cinema di Hong Kong evita la strada del rifacimento fine a sé stesso, proponendo una versione riveduta e aggiornata del plot, e riuscendo a porsi come una sorta di colorato omaggio all'originale

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Dopo il successo del dittico di Ip Man, Wilson Yip ha scelto di affrontare un classico immortale del cinema di Hong Kong, apprestandosi a dirigere il remake di A chinese ghost story, conosciuto in Italia come Storia di fantasmi cinesi. Difficile, se non impossibile, ricreare le atmosfere di un film (e successivi due seguiti) che hanno segnato indelebilmente il genere. Il rischio era alto, ma fortunatamente la versione 2011 di questo classico (conosciuta anche col titolo di A chinese fairy tale), evita la strada del rifacimento fine a sé stesso, proponendo una versione riveduta e aggiornata del plot, e riuscendo a porsi come una sorta di colorato omaggio all'originale.
Impostando la love story come un insolito ménage a trois in un contesto da pura avventura fantastica, Wilson Yip scampa il rischio dejavù, contribuendo a rendere avvincente la narrazione sino agli ultimi minuti, nonostante alcune, leggere ma comunque presenti, cadute di stile e incongruenze. Affidandosi a uno sfarzoso uso di digitale ed effetti computerizzati, la componente visiva risulta affascinante soprattutto per le scene d'azione più concitate, mentre per ciò che riguarda la caratterizzazione dei demoni ci si è affidati alle sinuose sembianze di splendide ragazze, come nel caso della protagonista Nie Xiaoqian, cui presta corpo e lineamenti l'incantevole Yifei Liu. Nonostante la folgorante, e al contempo innocente, avvenenza dell'attrice, il confronto con colei che la precedette era già segnato in partenza. Impossibile infatti ricreare il tenero e determinato fascino di Joey Wang, e allo stesso modo l'impresa non riesce al "sostituto" di Leslie Cheung, vuoi per l'aria di mitica immortalità della compianta star, vuoi per l'interpretazione, simpatica e volenterosa ma non memorabile, di uno stralunato Shao-qun Yu nei panni del giovane e ingenuo esattore Ning Caichen. Se la cava invece, soprattuto grazie a tanto mestiere, sempre utile in certe occasioni, e alle sue abilità acrobatiche, il bravo Louis Koo, interprete di Yan Chixia, indomito cacciatore di demoni, la cui figura prende le distanze dal film del 1987.
La storia questa volta vede infatti quest'ultimo come un guerriero combattuto tra il dovere e l'amore, costretto nel passato a

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dimenticare il sentimento che provava proprio per Nie Xiaoqian per non venire meno ai suoi precetti. Ma il destino li ricongiungerà di nuovo quando l'esattore Ning Caichen, incaricato dagli abitanti di un villaggio di trovare una fonte d'acqua, si imbatterà nel tempio maledetto dove dimora, sotto le spoglie di sensuali fanciulle, il gruppo di demoni facenti capo alla spietata Tree Demon (un'impeccabile Kara Hui). Tra di loro vi è proprio la bella Yan, il cui animo gentile finisce per innamorarsi di Ning. Il rapporto sentimentale quindi assume più diramazioni, regalando un finale pirotecnico in cui la forza dell'amore pare spezzare ogni maleficio.
Intendiamoci, la versione di Ching Siu-Tung (recentemente ritornato ai suoi visionari fasti registici con The Sorcerer and the White Snake) rimane su un altro livello, e Wilson Yip non riesce, se non in qualche breve ma ispirato passaggio, ad eguagliarne la magia, ma A chinese ghost story 2011 è comunque in grado di offrire cento minuti di disincantato divertimento per gli appassionati del filone. E chi si è innamorato della vecchia trilogia non rimarrà indifferente al ritorno della leggendaria theme song cantata da Leslie Cheung.

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