CinemAsia – I mormorii del cuore di Sylvia Chang

A sette anni da Run Papa Run, Sylvia Chang affronta di nuovo la relazione genitori-figli da una prospettiva più cupa e straniante. Rubrica a cura di www.asiaexpress.it

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Sylvia Chang è una figura spesso trascurata dell’industria cinematografica cinese. Nata a Taiwan, ha iniziato a lavorare nell’intrattenimento da giovanissima, fin dopo aver abbandonato le superiori per diventare una dj alla radio. Prima attrice, ha esordito alla regia nei primissimi anni Ottanta e si è fatta notare con Passion (1986), storia di due giovani vedove che ricordano le relazioni intercorse con il marito di una delle due. Da allora è stata in grado di farsi strada con caparbietà, ma la critica si è spesso divisa, tralasciando alcuni suoi film, come non fosse possibile considerarla un’autrice a pieno titolo. Eppure i suoi racconti hanno sempre una profondità meditativa insolita e il suo registro riesce a passare con fantasia dal dramma alla commedia, nonostante talvolta il risultato finale sia poco murmur of the hearts2coeso.Nel precedente Run Papa Run (2008) riusciva comunque a gestire una commedia spericolata sul rapporto tra un padre affiliato alle triadi e una figlia piccola unendola a squarci drammatici insoliti, animazione, musical, monologhi in macchina da presa e voice over onnipresente. Un tourbillon di generi che richiedeva una certa predisposizione, ma la cui natura esagerata riusciva a ricreare un inedito realismo.

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Nel suo atteso ritorno, Chang continua a indagare gli stessi territori – le difficili relazioni tra generazioni – con un taglio completamente diverso. Murmur of the Hearts rimane saldamente nei territori del dramma, con puntate nel mélo, ma lo fa con scelte articolate nella presentazione dei personaggi e dei piani temporali.

murmur of the hearts3I protagonisti principali sono tre. Yu-mei è una pittrice tormentata dai ricordi del passato. Hsiang, il suo ragazzo, è un pugile non troppo fortunato che nasconde al suo allenatore problemi agli occhi. Yu-nan è il fratello di Yu-mei, una guida turistica che vive in solitudine. Fratello e sorella – cresciuti sull’isola-penitenziario di Lyudao, a pochi chilometri da Taiwan, ma è come se fosse un universo parallelo – sono stati separati quando erano ancora piccoli, lei fuggita con la madre, lui rimasto con il padre. Da allora non si vedono, e la ferita di quel distacco li perseguita ancora. Chang, che ha scritto la sceneggiatura insieme all’attore di origini giapponesi Kageyama Yukihiko, fa procedere la narrazione per scarti continui, saltando tra i tre personaggi e i diversi piani temporali, tenendo il filo seguendo la fiaba su una sirena che loro madre raccontava quando erano piccoli. Con una messa in scena molto curata e un taglio cupo ed esistenzialista, che ben si sposa con l’atmosfera cupa, spesso notturna o in interni opprimenti, Murmur of the Hearts viviseziona i legami e il tempo che li disequilibra. Lo snodo nevralgico sono l’abbandono e la perdita, e le sensazioni di rabbia e rimorso che questi si portano dietro. Si rimane in territori conosciuti, ma con una consapevolezza fascinosa, in grado di colpire anche nei momenti più scontati (come la risoluzione sulla fiaba). Un film lirico, talvolta calcato, che però consegna una Sylvia Chang in forma smagliante, contraltare perfetto della prova da attrice nell’ultimo Jia Zhang-ke, Mountains May Depart (2015).

 

Rubrica a cura di www.asiaexpress.it

 

 

 

TRAILER DI MURMUR OF THE HEARTS

 

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