CINEMASIA – Make Room, di Kei Morikawa

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Kei Morikawa vince il Y?bari International Fantastic Film Festival con una commedia-in-una-stanza sul mondo degli AV giapponesi. Ironia mai sgraziata ed empatia verso i personaggi minori consegnano un film a basso budget che non si prende mai troppo sul serio. La rubrica è a cura di asiaexpress.it

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make roomIl Y?bari International Fantastic Film Festival è un piccolo happening nell'isola settentrionale giapponese di Hokkaid?, giunto alla 26ma edizione. Dopo una crisi finanziaria a inizio nuovo millennio, si è trasformato in un appuntamento per il cinema di genere e le produzioni indipendenti che presenta ogni anno circa 80 film, tra lungometraggi e corti. Il vincitore della sezione Off Theater di quest'anno, Make Room, proiettato in anteprima mondiale, è la seconda incursione nel cinema mainstream di un veterano dell'industria AV (“adult video”).

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Il cinquantenne Kei Morikawa ha infatti iniziato come cameraman e assistente alla regia a metà anni '80, per poi continuare con una serie ininterrotta di prodotti girati per la maggior parte in video; dopo l'horror The Curse of 2 Channel, qui si lancia in una commedia sul dietro le quinte del mondo a parte delle produzioni pornografiche.

Girato con un budget minimo, Make Room segue le disavventure di una truccatrice di film per adulti alle prese con una produzione scombinata, tra assistenti in ritardo, script giunto all'ultimo secondo, attrici stanche, operatori svogliati, un regista sopra le righe e una new entry sempre sul punto di piangere. L'elemento più immediato è la location: tutto il film è racchiuso in una sola stanza, spesso ripresa con inquadratura fissa, spezzata da primi piani e pochi movimenti di macchina, in cui i personaggi entrano ed escono come su un set teatrale. L'espediente, oltre a limitare i costi, riesce a rendere l'atmosfera sospesa che caratterizza le produzioni AV, in cui il mondo reale è solo un lontano rumore di fondo.

L'umorismo è diretto, talvolta un po' troppo prevedibile, ma mai esagerato o sfacciato, così da presentare in modo accattivante la vita quotidiana su un set pornografico, senza voyeurismi o forzature, esattamente come se si trattasse della controparte “seria” dell'industria, o di un qualsiasi lavoro d'ufficio. La recitazione è altalenante, ma Morikawa è capace di creare scene di piccola umanità a partire da particolari inesistenti, accantonando così i pericoli insiti in un espediente abusato come il “cinema sul cinema”. La scelta rimane in qualche modo ombelicale, eppure c'è sufficiente autoironia e distacco, tanto da creare empatia immediata con i personaggi.

 

 

La rubrica è a cura di asiaexpress.it

 

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