CINEMASIA – The Kids e Dirty Romance

Il taiwanese The Kids e il coreano Dirty Romance raccontano con sguardo furente la disfunzionalità di famiglie ai margini della società. Rubrica a cura di www.asiaexpress.it

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The Kids è l’esordio a basso costo di una regista taiwanese, Sunny Yu, mentre Dirty Romance è il nuovo film di Lee Sang-woo, un autore che non si stanca mai di intorbidire le acque del mostrabile nella patinata Corea del Sud. Si tratta di due film differenti per modalità narrative e piglio stilistico, ma accomunati dal desiderio di illuminare la marginalità di vite familiari disfunzionali, eppure disperatamente attaccate alla propria umanità.

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Il primo lungometraggio di Sunny Yu, arrivato dopo qualche anno di gavetta negli studi di Chang Tso-chi, è un classico racconto di formazione virato all’opprimente. Bao-Li e A-Da sono due liceali scapestrati. Il primo si invaghisce della coetanea Jia-Jia e la soccorre dopo un atto di bullismo da parte delle compagne. Il secondo finisce per prendere la strada facile della piccola malavita. Bao-Li e Jia-Jia hanno una figlia e lasciano la scuola, per avventurarsi in un compito più grande di loro. Vivono con la madre di lui, una donna sola schiava del gioco d’azzardo, in un appartamento minuscolo.

the kidsGirato con stile scarno, The Kids mantiene uno sguardo distaccato e privo di retorica sui suoi protagonisti, con la macchina traballante e una fotografia da strada che acuiscono la disadorna povertà degli ambienti – stradine di periferia incastonate nel cemento e in file di motorini e biciclette in disuso. Sunny Yu preferisce non complicare la narrazione, al di là di qualche flashback di raccordo non direttamente palesato, ma la semplicità nell’evoluzione del racconto e dei personaggi, che non introduce nessun elemento di novità rispetto a tanti film simili, permette di concentrare l’attenzione su empatia e alchimia delle decisioni dei protagonisti. Anche il finale, per quanto inscritto nella premessa della storia, è rischiarato dalla scelta di lasciare nel non detto le emozioni di Bao-Li e Jia-Jia – a contare sono i gesti e la vicinanza dei loro corpi.

dirty romance2Più elaborato e carico di rimandi, Dirty Romance segue il destino discendente di Chul-joong, costretto a studiare per diventare uno statale nei ritagli di tempo tra un lavoretto inconsistente e l’altro e la cura per la sorella affetta da sindrome di Down. Chul-joong alterna momenti di estrema tenerezza nei confronti della sorella a scatti di rabbia troppo a lungo repressa per la sua situazione disagiata. Nel mezzo c’è il difficile rapporto con il suo unico amico, che ha una madre affetta da demenza senile, e un garzone di un ristorante con disabilità che pare attratto da sua sorella. Fin dagli esordi con Mother is a Whore (2009) e Father is a Dog (2010), Lee Sang-woo si è dato il compito di distruggere l’immagine illusoria di benessere della società coreana, rappresentata dal candore glamour di tante commedie romantiche e laccati film ad alto budget. Il suo è un cinema viscerale che si compiace delle bassezze e dell’aberrante fin tanto che serve a scuotere lo spettatore. Da questo punto di vista Dirty Romance non fa eccezione, considerato il difficile equilibrio mantenuto per tutto il film tra tenerezza e abuso, vicinanza e violenza – oltre a mostrare uno spaccato senza speranza della Corea contemporanea, con disabilità mentale e povertà che dilagano in ogni vicolo. La fotografia è in questo caso ricca di contrasti, l’inquadratura sempre scelta con attenzione per frapporre diversi elementi tra spettatore e personaggi (tendaggi, riquadri, specchi, parti della scenografia). L’effetto è così più elaborato rispetto a film visivamente più disadorni come Dear Dictator (2014), ma permette anche di andare oltre il compiacimento nel mostrare le bassezze dell’animo umano paventato in film come Barbie (2011). Lee non giudica i personaggi e non presenta soluzioni, registra piuttosto la realtà in tutta la sua crudezza: qui però sembra aprirsi alla speranza – specialmente nella seconda parte del film – registrando come la tenacia dell’animo umano possa redimere anche la situazione più infausta. Come a dire che gli esseri umani possono diventare disumani per proteggersi e proteggere chi sta loro vicino, ma anche in quella disumanità è insita una profonda umanità affettiva.

I due film non sono esenti da difetti – soprattutto The Kids, che ha una struttura ancora acerba, troppo formulaica – eppure sono in grado di scavare negli antri oscuri delle società capitalistiche moderne senza suonare didascalici, o edulcorarsi per compiacere un più ampio pubblico.

Rubrica a cura di www.asiaexpress.it

TRAILER THE KIDS

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