CINEMONDO 2013 – Millefeuille, di Nouri Bouzid

Beautés cachées di Nouri Bouzid

Il tunisino Nouri Bouzid ha compiuto un’operazione da intellettuale di rilievo, filtrando la realtà attraverso un melodramma tutto al femminile. Il suo sguardo trasversale si fa lucida condanna di una società misogina e integralista che chiude le porte alla speranza.Al Cinemondo di Villa Medici il film già presentato allo scorso Festival di Milano.

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Beautés cachéesLa lungimiranza di un artista si misura anche attraverso la sua capacità di guardare il presente avvertendo le società dei pericoli a venire.

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Il tunisino Nouri Bouzid, regista tra i più conosciuti del Continente Africano, con questo suo ultimo film ha compiuto un’operazione da intellettuale di rilievo, filtrando la realtà della rivoluzione del suo Paese e degli sconvolgimenti politici che l’intera area ha subito e di cui questo Festival ha raccontato gli echi profondi, ma indicando con precisione i mali profondi che neppure la rivolta sembra potere guarire.

Millefeuille è un melodramma tutto al femminile, dalle tinte accese e dai forti sentimenti nel quale due donne, grandi e sincere amiche, subiscono angherie e soprusi dagli uomini. L’una, Zainab, dal fratello e dal fidanzato che pretendono che lei indossi il velo, l’altra, Aicha, che invece il velo lo indossa, ma che subisce le avances del suo datore di lavoro. Le loro differenze non impediranno che insieme vadano a manifestare rivendicando anche il loro diritto alla libertà.

Il film lavora su queste traiettorie, tracciando un ritratto impietoso dei consessi in cui le protagoniste vivono: l’ambiente di lavoro, la famiglia e avvertendo, con una certa ansia che il mutamento politico in atto, sicuramente frutto di una autentica ribellione di popolo, non necessariamente costituisce e si trasforma in un reale rinnovamento della società. Il film di Bouzid, come nella sua tradizione, costruisce un’architettura complessa per offrire angolazioni originali delle sue storie, ma la credibilità dei personaggi e delle situazioni riscatta da ogni sospetto di film a tesi. Sono proprio queste singolari soluzioni narrative ad offrire gli spiragli interpretativi.

È singolare che sia proprio l’amicizia tra le due ragazze a costituire il valore aggiunto del film, un sentimento che si trasforma in uno sguardo trasversale sulla vicenda, poiché è dentro questa amicizia che va ricercata la soluzione, contro una opposta fragilità dei rapporti familiari che non rassicurano. Né per Zainab, né per Aicha, per ragioni differenti, la famiglia e la casa costituiscono più un rifugio sicuro e risolutivo per la difficile quotidianità. Le case delle due donne diventano vere e proprie prigioni, luoghi di malessere e di violenza. Né, tanto meno, Bouzid sembra riporre fiducia nelle giovani generazioni maschili che rappresentano il divenire del Paese. Sia il fidanzato di Zainab, sia il fratello Hamza, innamorato di Aicha, restano chiusi al mutamento, vittime di un integralismo becero e irrisolvibile oppure opportunistico, in mala fede e frutto di un deprecabile perbenismo. Il film si trasforma così in un duro atto d’accusa contro la società maschile, misogina e sospettosa, come sospettosi sono gli amici integralisti di Hamza.

Un film che è anche un canto d’amore per la donna e simbolicamente il suo regista si ritaglia un piccolo ruolo di cieco cantante di strada, amico delle due protagoniste, che soccombe durante la rivoluzione. Il suo corpo chiuso dentro la cella dell’obitorio getta una luce sinistra sulla strada della speranza.

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