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Citadel: Diana, di Alessandro Fabbri

La serie ragiona sul destino dell’uomo nella società dominata dai dati ma pecca di originalità e di astuzia nella sceneggiatura, risultando un prodotto action/spionistico mediocre. Prime Video

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A più di un anno di distanza dall’uscita su Prime Video della serie prodotta dai fratelli Russo e ideata da Josh Appelbaum, Brian Oh e David Weil intitolata Citadel, fa il suo debutto in Italia la sua prima versione spin-off ambientata al di fuori degli USA, Citadel: Diana, creata da Alessandro Fabbri e con protagonista Matilda De Angelis.
Nel riproporre nuovamente il conflitto tra i membri delle agenzie Citadel e Manticore, agli antipodi l’una rispetto all’altra, questa nuova declinazione completamente italiana della serie spionistica appartenente al grande progetto creativo dei fratelli Russo (che dovrebbe arrivare a coprire più paesi con altrettante versioni dello stesso prodotto) sembra integrare degli elementi provenienti da tanto cinema action hollywoodiano con degli altri appartenenti ad un filone più politico in cui la lotta per il potere prevede complotti, congiure e guerre intestine all’interno di famiglie facoltose.

Diana Cavalieri (Matilda De Angelis) è l’eroina della storia, una spia di Citadel infiltrata tra le fila della divisione italiana di Manticore a otto anni di distanza dalla distruzione della sua agenzia originaria, ed è in cerca di una via d’uscita dal sistema che possa darle la libertà tanto agognata. Ai piani alti di Manticore Italia siede la ricca e potente famiglia Zani, formata dal padre Ettore (Maurizio Lombardi) e dal figlio Edoardo (Lorenzo Cervasio), proprietari di una delle fabbriche d’armi più grandi al mondo. Siamo nel 2030, la tecnologia dei dati e delle comunicazioni si è evoluta a dismisura e in Italia il commercio delle armi da fuoco è stato liberalizzato, aprendo la strada del successo aziendale agli Zani, diventati di fatto una delle famiglie più influenti per il controllo dell’ordine politico globale.

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È in questo ambiente che si muove la spavalda e temeraria Diana, della quale seguiamo le vicende sia presenti che passate in un continuo andirivieni di flashback e visioni rivelatrici che si alternano con gli eventi principali della storia, svelando passo a passo tutto il background personale e professionale dell’agente.
Se da una parte si può affermare che la serie sia un tentativo (in parte) riuscito di realizzare un prodotto italiano che sia in linea con gli standard della produzione action statunitense più recente (per quanto riguarda la natura del racconto e il numero di sequenze spettacolari mostrate), ciò non si può dire altrettanto per l’originalità di alcune scelte – soprattutto narrative – che Citadel: Diana mette in atto.
In primo luogo è la caratterizzazione stessa dei personaggi della storia ad essere carente di particolare spessore, perché già a partire dai primi episodi della serie si capisce subito dove la narrazione voglia arrivare, essendo fin troppo chiari i ruoli delle figure interpretate dagli attori.
Soffermandosi proprio sulle performance del cast, si ha purtroppo l’impressione che queste, ad eccezione di alcuni casi come quello di Maurizio Lombardi, risultino troppo spesso rigide e piatte, limitate anche dalla scarsezza creativa della sceneggiatura che per rendere gli eventi più lineari e scorrevoli si dimentica di ciò che sta dall’altra parte dello schermo, ovvero uno spettatore che molto probabilmente ha già visto altrove le situazioni proposte dalla serie, per cui il risultato non può che essere mediocre.
Citadel: Diana si porta con sé tutta una serie di ragionamenti che pongono la raccolta dei dati dell’individuo al centro della discussione, così come hanno fatto altre narrazioni recenti (vedi Anon di Andrew Niccol) che riflettono proprio sul futuro dell’uomo nella società dominata dai numeri, ma per colpa di una messa in scena il più delle volte asettica (per quanto riguarda ad esempio la scelta dei costumi e l’utilizzo dei colori, troppo simili ad altre produzioni passate dello stesso genere) e di una mancanza particolare di acume da parte della sceneggiatura (gran parte dei colpi di scena del racconto sono facilmente prevedibili) non riesce mai a spiccare il volo, essendo imbrigliata all’interno del grande “disegno” tracciato dai fratelli Russo.

Creata da: Alessandro Fabbri
Regia: Arnaldo Catinari
Interpreti: Matilda De Angelis, Lorenzo Cervasio, Maurizio Lombardi, Julia Piaton, Thekla Reuten, Filippo Nigro, Giordana Faggiano, Daniele Paoloni
Distribuzione: Prime Video
Durata: 6 episodi da 45′ circa l’uno
Origine: Italia, 2024

 

 

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La valutazione della serie di Sentieri Selvaggi
2.4
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Il voto dei lettori
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