Citto, di Daniele Ceccarini

Da oggi in sala il documentario su Citto Maselli che ha l’obiettivo di riscoprire il regista e ha il merito di ridefinire il valore culturale del suo cinema.

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Se un merito va riconosciuto a Citto è quello di ridefinire il valore culturale del cinema di Francesco Maselli. Un valore non solo legato al suo lavoro di regista in quel sottotesto continuamente politico dei suoi film che, come dice Giorgio Gosetti, parlavano di persone, ma che perfino prescinde dalla qualità dei suoi film e della intera sua filmografia. Resta, invece, legato al sintomo di un’epoca, a quel lavoro culturale che organicamente si insinuava con istanze del tutto controcorrente in una società che, seppure impegnata in un percorso di modernizzazione e mutamento sociale, soffriva di resistenze tali da rendere marginale anche l’impegno degli intellettuali più avvertiti come Maselli.
Il cinema del regista romano, si è sviluppato negli anni ’50-’70 ed è in parte cresciuto all’ombra di nomi che hanno assorbito maggiori attenzioni dal pubblico e dalla critica per il successo del cinema italiano nel panorama internazionale. È per questa ragione che il lavoro dell’attento e colto regista andrebbe riguardato e riabilitato da quelle presunte incrostazioni ideologiche che lo hanno penalizzato. In questo senso il film di Ceccarini sa cogliere nel segno.
Nel film c’è forte questa volontà ed è affidata alle parole appassionate di amici e colleghi di lavoro dalla politica allo spettacolo e al giornalismo. Per tutti Giuliano Montaldo forse il suo amico più antico. La rilettura serve a rivalutare titoli come Gli sbandati, Gli indifferenti, Il sospetto e Lettera aperta ad un giornale della sera. Al vivace studioso Giorgio Gosetti è, invece, affidato il compito di tracciare un profilo più filologicamente ordinato del lavoro di Maselli in una bella lezione di lavoro critico, che scava in quel cinema controcorrente cresciuto in un ambiente così culturalmente ricco per un autore che da giovanissimo aspirante regista fece apprendistato accanto a personaggi ingombranti come Michelangelo Antonioni.

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Il documentario firmato da Daniele Ceccarini serve a fare rientrare il nome di Citto Maselli in quel circuito dell’attenzione cinefila dal quale per ragioni di età e anche forse per ragioni intrinseche al suo lavoro, sempre orientato a guardare attraverso una lente politica i fatti del mondo, ne era in parte uscito. Ma Maselli – come ci ricordano le parole di Wilma Labate – fedele al suo passato anche abbastanza di recente aveva continuato ad essere un agitatore politico, un capofila di una schiera di autori pronti a diventare testimoni del presente. È in questa veste che Maselli, oggi anziano ma sempre lucido, è diventato l’ispiratore e supervisore di quel Un mondo diverso è possibile del 2001 film che ha saputo essere testimone con le immagini di numerosi autori, chiamati a raccolta proprio da Maselli, dei controversi episodi del G8 2001 a Genova.
Per il nipote di Luigi Pirandello – che gli affibbiò il nomignolo di Citto che ancora si porta dietro – non è davvero poco e il suo cinema ha saputo raccontare una piega quasi invisibile di quella nostra società del passato i cui riflessi oggi, nel bene e nel male, viviamo.

Regia: Daniele Ceccarini
Distribuzione: Cineclub internazionale
Durata: 58’
Origine: Italia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
4 (3 voti)
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